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Attualità

Referendum ATAC, vince l’astensione

Chiara Colangelo

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Nelle periferie si è registrata una scarsissima affluenza alle urne. Così i due Comitati contrapposti commentano il risultato del voto

Si chiude con la vittoria dell’astensione la partita referendaria sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico di Roma. Il voto di domenica 11 novembre è stata un’occasione importante per i cittadini romani di esprimersi, non solo sul futuro dell’azienda municipalizzata A.T.A.C – a cui oggi è affidato il servizio di mobilità – ma anche sull’operato e sulle scelte fatte dal Campidoglio in questi due anni. Al referendum consultivo sulla liberalizzazione del servizio di trasporto pubblico, promosso dai Radicali Italiani e dal partito +Europa, non è stato raggiunto il quorum necessario del 33,3%. L’affluenza alle urne è stata infatti bassissima. Solo il 16,4% degli aventi diritto è andata a votare ovvero quasi 400 mila romani. L’astensione ha prevalso nelle periferie della Capitale, mentre in alcuni Municipi del centro – in particolare il Municipio II, che comprende i quartieri di San Lorenzo e Parioli, dove l’affluenza è stata del 25,25% – la vittoria del Sì è stata schiacciante, sfiorando l’80% dei voti per entrambi i quesiti referendari.

Resta però insoluto il problema, che da oltre un anno, affligge la Capitale. Perché l’A.T.A.C – partecipata al 100% dal Comune – ha un debito di 1,3 miliardi di euro. Un debito che grava sul bilancio del Campidoglio e che rende difficoltosi gli investimenti necessari per migliorare la qualità del servizio. Dopo l’esito del referendum l’intenzione del Campidoglio sarà quella di portare avanti il piano industriale approvato dal Tribunale Fallimentare di Roma e di salvaguardare il concordato preventivo “in continuità”, che impedisce oggi ai creditori di chiedere la restituzione dei debiti all’A.T.A.C. In base al concordato l’azienda dovrà restituire al Comune oltre 400 milioni di euro entro il 2036 e la restante parte ai piccoli e grandi fornitori entro il 2055.

Secondo il dottor Paolo Violi, membro del Comitato per il Sì e dei Radicali Italiani, il risultato del referendum è da addebitare alla mancanza di una capillare informazione sul voto. «Alle elezioni amministrative di due anni fa, votarono circa 1.150.000 cittadini, dopo una campagna elettorale che per più di un mese era stata protagonista nelle prime pagine dei giornali nazionali e nell’informazione televisiva: tg, talk show e dibattiti in diretta sulle grandi reti…», spiega Violi. Nel caso del voto dell’11 novembre, «banalmente, molti hanno saputo della consultazione solo perché si chiudevano le scuole», aggiunge poi Violi. Molti i cittadini che erano persino all’oscuro del referendum. «…Per raggiungere la totalità degli aventi diritto serve un’informazione capillare. La Sindaca avrebbe potuto farlo a costo zero, se avesse voluto…», dice. «Grazie a un emendamento al bilancio della Regione Lazio del consigliere di +Europa, Alessandro Capriccoli» – sottolinea Violi – «il Comune avrebbe potuto inviare un fascicolo informativo a casa dei romani utilizzando un apposito fondo regionale». «…La Sindaca della democrazia diretta non ha usato questa possibilità, né ha preso altre iniziative di pari efficacia: sorprende allora che oggi dichiari: ‘i romani vogliono che resti pubblica’. La verità è che i romani non sono stati debitamente informati…Sappiamo solo come la pensano i cittadini che hanno votato. Forse per questo non si doveva diffondere la notizia, perché, in larga maggioranza, hanno scelto il Sì alle gare pubbliche», conclude Violi.

L’avvocato Alberto Leoncini, membro del Comitato del No, è di diverso avviso. «L’elemento di soddisfazione sta nello scarso sostegno popolare avuto dall’operazione ultraliberista posta in essere dai Radicali e da +Europa». L’avvocato sottolinea però che l’astensione «in quanto tale non è mai una vittoria per nessuno, specie se proviene dalle periferie dove c’è, in generale, un’evidente disaffezione, sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni». Per Leoncini «il dato di maggior soddisfazione è il quarto degli elettori che si sono espressi per il NO, quindi per un’opposizione attiva ai quesiti: è una importante base da cui ripartire, che ha tra l’altro evitato l’effetto ‘plebiscito’ auspicato dai promotori».

Intanto, il quorum del 33,3% potrebbe essere contestato dal Comitato del Sì e dai partiti di riferimento. A finire sotto accusa la modifica allo Statuto di Roma Capitale approvato dal Campidoglio nel dicembre dell’anno scorso, con la quale è stato eliminato qualsiasi quorum per le consultazioni popolari. La modifica però non ha riguardato il referendum dell’11 novembre, anche se approvato prima della decisione del Campidoglio. Se in sede giudiziaria – tramite un eventuale ricorso al TAR – il Comitato del Sì e i partiti promotori riuscissero a ottenere l’applicazione del nuovo Statuto di Roma Capitale, il referendum consultivo dell’11 novembre sarebbe valido. Un’ipotesi sulla quale i Radicali italiani stanno discutendo.

Anche per questo, secondo l’avvocato Leoncini, «la faccenda nel merito è tutt’altro che chiusa». Che aggiunge, «noi ovviamente intendiamo proseguire nella rivendicazione di un nuovo esperimento di democrazie economica e di ‘legalità costituzionale’ nel trasporto pubblico locale, oggi a Roma, domani in tutta Italia».

La scarsa affluenza alle urne sembra essere il segnale di un divario, che oggi troppo spesso si crea tra la politica, i suoi contenuti e la cittadinanza. Una cittadinanza forse sfiduciata dalla promessa di cambiamenti, che però stentano persino a decollare.

È laureata magistrale in Giurisprudenza alla “Sapienza” di Roma e giornalista praticante. Un motto: «il dovere di ogni giornalista è scrivere quello che vede» di Anna Politkovskaja

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Sicilia vacanti Il primo album di Alessandro D’Andrea Calandra

Redazione Foritalynews

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S’intitola “Sicilia vacanti” il primo album dell’agrigentino Alessandro D’Andrea Calandra che con questo lp si affaccia nel modo discografico italiano. Lo fa con un disco scritto in dialetto, dando libero sfogo allo stile musicale che meglio definisce la sua terra natia. Un genere ethno-folk che risente della tradizione culturale siciliana, affondando le radici in un passato remoto fatto di storie da raccontare.

Storie vissute, ascoltate e che, nelle tracce di Sicilia vacanti, diventano quadri cangianti dai colori speziati, spargendo profumi antichi. Pregni di sapori atti a contraddistinguere un’epoca. Storie di immigrazione, di viaggi, di coraggio, di persone che affrontano disavventure ritrovando la loro terra o combattendo per essa.

I brani del nuovo album di Alessandro D’Andrea Calandra danno voce alle persone che nella sua Sicilia hanno vissuto e lottato in questi frangenti musicali. “Sicilia vacanti”; “Èuno”; “L’Isola di Allah”; “Danza saracina chista sira!”; “Federicu (gioia di lu munnu)”; “L’avemooh hoonkya dance”; “Cumpagna Luna”; “Cori fa’ la vovò”; “Si ‘u munnu fussi amuri”; “Cugliemuli sti spichi!” sono la tracklist di un “progetto d’amore”.

Le parole intersecano una musica soave ed etnica, capace di far viaggiare la mente dell’ascoltatore in quei meandri storici. Ci si addentra negli orizzonti dispersi di un passato lontano. Palermo, Agrigento, l’impero bizantino, i Saraceni. Immagini storiche che descrivono un mosaico di suoni pronto ad ergersi difronte a noi mostrando la realtà di un popolo caparbio. Un popolo fiero che ha messo le sue radici in quel tempo e che in quelle immagini rivede sé stesso.

Alessandro D’Andrea Calandra pubblica “Sicilia vacanti”. Un disco inedito fatto di canzoni che, prese nel loro insieme, diventano le splendide figure di unico quadro dipinto a mano dall’artista.

Segui Alessandro D’Andrea Calandra su FB / IG / TT / YT

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Primavera, e la moda torna a scegliere il fiore

Da millenni l’abito femminile ha fatto proprio in varie forme questo delicato decoro

Gloria Gualandi

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I vestiti a fiori tornano protagonisti dei look di stagione. Lo segnala Elle, che parla di charme in boccio. Spiega che i vestiti ultra bouquet vanno arricchiti con camperos, tweed e accessori infiorettati a dovere.

La tendenza floreale della moda Primavera Estate sboccia sulle passerelle in uno spettro ampissimo che va dagli abiti stampati – come quello con gonna a corolla di Dior o la creazione Comme des Garçons – all’anturium dress di Loewe in cui l’abito è il fiore stesso. E poi – racconta ancora Elle – ecco vestiti con ricami e applicazioni floreali 3D dal rosso Bottega Veneta al nude dress in stile primavera botticelliana di Acne Studios fino ai boccioli décor che fioriscono sulle tote bag Prada: le collezioni Primavera Estate sulle passerelle interpretano cosi la tendenza floreale.

Guardando indietro nel tempo – come invita a fare dal canto suo Harper Bazaar – la tendenza a integrare i fiori di tessuto nel proprio guardaroba proviene dall’antico Oriente: 1500 anni fa le donne cinesi che frequentavano il Palazzo Imperiale si agghindavano i capelli con preziosi fiori in seta, poi la moda passò alla nobiltà cinese, al Giappone, alla Corea e, infine, grazie all’apertura di nuove rotte mercantili, approdò anche in Occidente. In Italia dei fiori di seta si iniziano ad avere tracce a partire dal XII secolo. Da qui viaggiarono per tutta Europa per poi mettere radici in Francia, prima di tornare a migrare verso l’Inghilterra e poi l’America. Per un po’ di tempo se ne persero le tracce, finché le rosette non iniziarono a comparire sulle scarpe della nobiltà del XVI e XVII secolo, quando l’aristocrazia le accompagnò con fiocchi e nastri sgargianti per decorare l’allacciatura. Godettero poi di un periodo particolarmente florido in età vittoriana, verso la fine del 1800: drammatici e intrisi di una bellezza decadente, i fiori di seta, soprattutto se tinti di nero, si sposarono bene con le atmosfere cupe del tempo e con la moda gotica che iniziò a mettere radici.

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Attualità

“Passioni in Fiera” un successo che cresce

Conclusa con grande successo la due giorni di eventi e di forti attrazioni nel Quartiere Fieristico aretino

Paolo Castiglia

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“Un viaggio nel tempo, con le testimonianze e gli oggetti del passato, e nel futuro con le innovazioni presenti in tutti i settori”. Per Ferrer Vannetti, presidente di Arezzo Fiere e Congressi la appena conclusa quarta edizione di “Passioni in Fiera” che ha catalizzato l’attenzione generale nello scorso weekend, è stata per le famiglie, gli operatori e i protagonisti che vi hanno preso parte “come entrare in una scatola delle meraviglie: ai visitatori che varcavano la soglia si apriva un caledoscopico universo fatto di colori, profumi, sapori, e soprattutto di persone che si dedicano con grande amore alle loro attività, e si impegnano per trasmettere la loro passione sal pubblico con un grande coinvolgimento”.

Si è trattato infatti di una due giorni di grandi passioni e divertimento per tutti, un altro fine settimana di grandi eventi di forti attrazioni al quartiere fieristico di Arezzo Fiere con oltre 13.000 presenze fra Passioni In Fiera e la mostra del Fumetto e del Disco. Visitatori aretini e non solo, erano molti quelli provenienti da un ampio bacino della Toscana, Umbria, Lazio e Marche.

Ma ovviamente, spiega ancora Vannetti, “Arezzo Fiere non si ferma qui: concluso questo week end con feedback positivi sia da parte degli espositori che dal pubblico intervenuto – spiega il presidente – Arezzo Fiere si concentra fin da subito sugli appuntamenti delle prossime settimane, tra cui quello con il Calcit del 22-23-24 marzo, per poi proiettarsi verso la 43esima edizione di OroArezzo, la nostra storica Fiera Internazionale dell’Oreficeria, organizzata da Italian Exhibition Group nei nostri rinnovati spazi espositivi dall’11 al 14 maggio prossimi.

Tornando a Passioni in Fiera, mai nome è stato scelto in modo più appropriato: si è vista tanta passione accendersi negli occhi del pubblico, adulti e bambini, grazie alle persone che ad Arezzo Fiere hanno portato e condiviso con generosità una parte importante della loro vita. Il bilancio è quindi molto positivo per gli organizzatori e per l’Ente Fieristico aretino, e non solo per i grandi numeri dell’afflusso di pubblico, ma anche perché erano rappresentate all’interno degli spazi fieristici davvero molte categorie: dalla floricoltura, al vivaismo, alla ceramica, all’artigianato artistico, ai prodotti e servizi per l’outdoor, per la casa e il giardino. Catalizzatore di interesse ed attenzione è stata sicuramente l’area dedicata alla Fattoria, con splendidi esemplari di avicoli ornamentali, alpaca, equini e bovini, da poter osservare da vicino e, con il permesso dell’allevatore, accarezzare.

L’intrattenimento per bambini ha visto continuativamente nei due giorni impegnato il parco avventura. Le altre attività, presentate nell’area sportiva, e proposte a tutti quelli che volevano cimentarsi, tra cui Il kartodromo, il pattinaggio, ballo e arti marziali orientali, sono state organizzate da Arezzo Fiere in collaborazione con la UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), Associazione di promozione sportiva che vuole affermare il valore sociale dello sport, bene sociale che contribuisce alla salute e alla qualità della vita. Importante è stata anche la presenza del terzo settore, che ha fatto conoscere al pubblico le loro attività sociali e di inclusione.

Ricca e variegata anche l’area Food, con proposte di cucine tipiche dall’Italia e dal mondo, e con l’offerta di birre artigianali che hanno permesso di aggiungere un momento di convivialità e piacere alle giornate trascorse in Fiera. Molto frequentato anche il nuovo padiglione “Nirvana”, un vero e proprio viaggio nel mondo olistico e del benessere con Expo di artigianato e bio, area relax, con trattamenti olistici e un percorso dedicato al mistero e alla magia. Durante l’evento si sono tenute anche conferenze gratuite, workshop e meditazioni per il sé interiore. Vivissima soddisfazione anche per gli organizzatori della Mostra del Fumetto che organizzano ad Arezzo, ormai stabilmente, due appuntamenti l’anno con davvero ottime risposta dagli operatori e dagli instancabili collezionisti.

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