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Scienze

“Qurami”, l’app per smartphone che elimina le code

Daniele Sebastianelli

Pubblicato

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Nuove start-up ed eccellenze italiane

Creata da Roberto Macina, fa risparmiare tempo con il sistema di geolocalizzazione

Stanco di fare la fila per ore o di rimanere bloccato con il numeretto in mano davanti al tabellone? Oggi la soluzione c’è e si chiama “Qurami”. Si tratta di un’app per smartphone che consente di prendere un numeretto elettronico e di dimenticarsi la fila. Sarà “Qurami” che ci avvertirà in tempo reale di quante persone sono davanti a noi in fila…

Nuove start-up ed eccellenze italiane

Creata da Roberto Macina, fa risparmiare tempo con il sistema di geolocalizzazione

Stanco di fare la fila per ore o di rimanere bloccato con il numeretto in mano davanti al tabellone? Oggi la soluzione c’è e si chiama “Qurami”. Si tratta di un’app per smartphone che consente di prendere un numeretto elettronico e di dimenticarsi la fila. Sarà “Qurami” che ci avvertirà in tempo reale di quante persone sono davanti a noi in fila, calcolerà il tempo stimato prima che arrivi il nostro turno e ci recapiterà una notifica per dirci che ora tocca proprio a noi.

Ideata da Roberto Macina, uno studente trentenne romano, l’applicazione è già usata dai municipi di Roma, dai Comuni di Milano e Firenze, da alcune banche, da molte università, ospedali e istituzioni italiane. È una delle nuove start-up italiane e una delle soluzioni più innovative in grado di semplificare, e di molto, la vita dei cittadini. Finita la fase sperimentale lo scorso agosto, ora “Qurami” è pronta per essere usata a pieno regime da tutti in modo semplice e gratuito. Ha ricevuto anche un finanziamento di 150 mila euro da Unicredit che ha creduto nell’idea e ha deciso di investire capitali nel progetto.

Come funziona?

“In sintesi Qurami risolve il problema delle code di attesa. Le key features  sono tutte quelle del ‘web on the go’ come tablet, smartphone e naturalmente apps (web e mobile) consentendo molti altri servizi da dare all’utente”, spiega Roberto Macina sul suo sito web. “Qurami” sfrutta il sistema di geolocalizzazione, per individuale la struttura che vogliamo utilizzare e verificare il numero delle persone che sono al momento in fila. Scelto il servizio basta prendere il numeretto elettronico direttamente dall’applicazione che viene automaticamente inserito nel flusso dei dati del sistema di prenotazione. A questo punto non si fa altro che aspettare. O meglio, si smette di aspettare e ci si riappropria del tempo trascorrendolo al bar, impiegandolo per gli spostamenti, o stando comodamente sul divano di casa fino a quando “Qurami” non ci avviserà che è arrivato il momento di avvicinarci allo sportello.

Un’idea semplice basata sulla necessità

Era il 2010 quando “prossimo alla laurea in ingegneria informatica a Roma Tre – racconta Macina – aspettavo da quasi un’ora il mio turno in segreteria studenti per consegnare l’agognata domanda di laurea. Quei giorni erano stati una corsa infinita e ritrovarmi fermo dentro una segreteria mi irritava forse più del dovuto. Tanto più per fare un’operazione che sarebbe durata non più di due minuti. Avevo in una mano lo smartphone e nell’altra i documenti necessari, e mi chiesi: “Possibile mai che nel 2010, non esista un’APP che mi aiuti a risparmiare tempo, evitandomi di stare fermo qui?”. Era metà aprile e, se non mi fossi mai posto quella domanda, ora non sarei qui a raccontarvi una storia”.

Eccellenza del made in Italy

È così che nel 2011 nasce il progetto che in brevissimo tempo si è affermato nel panorama delle soluzioni innovative. Come racconta lo stesso Macina, per la scelta del nome ”cercavamo un gioco di parole con fila e coda, ma tutti i domini erano già presi, così siamo partiti dal sostituire la q alla c, per richiamare la parola inglese queue, fila”. In soli quattro anni “Qurami” ha conquistato le Poste inglesi, le “Royal mail”, ed è riuscito a strappare un contratto con 10 uffici postali nel Regno Unito. Fino ad oggi l’applicazione è stata scaricata 250 mila volte, generando oltre 60 mila numeretti virtuali. Il sogno è quello di poter dar vita ad una sinergia con Poste italiane.

Ma forse per quello c’è ancora da aspettare.

Comunicatore e giornalista. Mi occupo di informazione religiosa con particolare attenzione alle implicazioni etiche e sociali. Non mi interesso delle chiacchiere di palazzo. Cattolico (quindi) politicamente scorretto.

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Benessere

Le fibre: davvero molto preziose per il nostro organismo

Lo spiega Massimiliano Varriale, proctologo, chirurgo del Sandro Pertini di Roma

Redazione Foritalynews

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Le fibre sono la componente in cellulosa delle piante: quelle alimentari, in particolare, sono le componenti in cellulosa presenti variabilmente, all’interno dei vegetali commestibili. Costituiscono la parte inassimilabile del vegetale ingerito. Nell’apparato digerente umano, infatti, non essendo presente come per quello dei ruminanti l’enzima capace di scindere la cellulosa, le fibre transitano senza essere assimilate e senza fornirci calorie o altre sostanze nutritive. Per questo, in fisiologia umana, si identifica come fibra la parte degli alimenti vegetali che non viene degradata dagli enzimi digestivi.
Sembrerebbe quindi che le fibre siano nemiche del nostro organismo, tutt’altro! Esse, se usate oculatamente e dosate su ogni persona, non provocano affatto danni, anzi, come spiega il prof. Massimiliano Varriale, proctologo, chirurgo del Sandro Pertini di Roma: “Le fibre svolgono tre azioni importantissime per il buon funzionamento del nostro apparato digestivo: richiamano acqua, contribuendo ad ammorbidire le feci e a facilitarne il transito; aumentano il volume delle feci, stimolando la motilità intestinale e favorendo l’evacuazione; puliscono a fondo le pareti intestinali, come fossero una scopa di saggina”.

Tali fattori fanno sì che il tempo di stasi della massa fecale sia molto più breve rispetto a chi ha una dieta priva o povera di fibre, favorendo conseguentemente una più rapida espulsione dei prodotti di scarto, delle tossine e un minor contatto di prodotti dannosi con la mucosa intestinale. Tutto ciò aiuta anche nella prevenzione dei tumori della parte finale dell’intestino. Diverse ricerche stabiliscono la necessità di 25-30 grammi giornalieri, ma senza stare a fare strani calcoli, diciamo che una buona introduzione di verdura e frutta ci garantirà la quota.

“Un’ottima fonte di fibre è costituita – spiega Varriale – dai cereali integrali, dalla frutta secca e dai legumi, oltre che da frutta e verdura. Le fibre alimentari sono da preferire alle fibre pronte da acquistare in farmacia: le bustine contenenti fibre estratte chissà come e pagate a caro prezzo non sono in alcun modo migliori di una bella insalata fresca o di una bella porzione di frutta!”

È evidente che, purtroppo, il nostro organismo non è più abituato a lavorare in certe condizioni. Immettendo sempre di più prodotti confezionati, ricchi di zuccheri raffinati, e tanti prodotti carnei, contribuiamo a far sì che il nostro apparato digestivo si “dimentichi” del beneficio di questi spazzini naturali.

Chi ha problemi di stipsi deve necessariamente inserire nella propria alimentazione il giusto apporto di fibre cominciando con dosi minime, per poi proseguire gradualmente e annotando le varie conseguenze fisiche che questa reintroduzione susciterà. Anche per chi non abbia particolari problemi di stitichezza, quando e se ci si renda conto di consumare poca frutta e verdura, si dovrebbe cominciare a porre gradualmente rimedio.
Una volta arrivati, poco per volta, al giusto regime di consumo, come si potrà comporre un pasto ben bilanciato? Alcuni consigli ancora da Varriale: “Introdurre nella dieta un pasto di legumi, bilanciato con cereali per avere il giusto apporto di proteine, almeno tre volte a settimana, poi iniziare con dei passati, per evitare che la buccia, dei fagioli in particolare, ricca di fibre ma per alcuni indigesta, possa creare gonfiori, soprattutto se associamo i legumi ad altre proteine animali o a frutta. Sono da prediligere cereali integrali in chicchi alternandoli alla solita pasta: se proprio non ci piace il gusto, proviamo con chicchi decorticati o perlati, sebbene in quest’ultimo caso le fibre siano in quantità minore”.
“E’ bene poi consumare come spuntino – conclude l’esperto – carote, sedani e finocchi, ma anche frutta secca e semi oleosi, fonti di vitamine e grassi polinsaturi. Grazie a tali semplici accorgimenti si potrà rapidamente raggiungere un consumo ottimale di fibre che, a catena, genererà una serie di benefici difficilmente raggiungibili consumando snack pronti, pasti precotti o prodotti da farmacia”.

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Scienze

Il Dr. Dolittle può insegnarci a prenderci cura del nostro lato animale

Un film per famiglie che racconta le avventure del bizzarro Dr. Dolittle, il medico che sa parlare con gli animali, ma la sua interpretazione può essere meno banale di quanto non si creda

Marco Matteoli

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Il film, prodotto da Stephen Gaghan, è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi il 17 gennaio 2020, e in Italia il 30 dello stesso mese. Robert Downey Jr., conosciuto dai giovanissimi per la sua interpretazione di Iron Man nella saga degli Avengers, veste i panni del  veterinario John Dolittle, protagonista di una serie di libri per bambini di Hugh Lofting. Il Dr. Dolittle è un medico che evita i pazienti umani a favore degli animali, poiché in grado di comprenderne la lingua.

Konrad Lorenz, nel suo libro “l’anello di re salomone”, pubblicato per la prima volta nel 1949, parla di come gli animali usano schemi comportamentali e movimenti corporei per comunicare tra di loro, un tipo di linguaggio in realtà utilizzato in maniera inconscia anche dagli esseri umani; nell’ambito comunicativo si parla di comunicazione non verbale (CNV). La conoscono bene gli esperti di comunicazione persuasiva o di cold reading, che sfruttano la CVN per identificare la menzogna o gli interessi del loro interlocutore. il Dr. Dolittle ci insegna che per comprendere a fondo l’essere umano (e noi stessi) dobbiamo essere in grado di capire il suo lato primitivo, incontrollato, il suo lato animale, spesso incomprensibile.

Il film di Gaghan non mira a compiacere un pubblico troppo adulto, tuttavia racchiude chiavi interpretative che solo un adulto può comprendere: animali dall’anima umana che ci ricordano i nostri stessi problemi: ansia, depressione, rabbia, incapacità di comunicare, incapacità di fidarsi di un mondo che non ci sa capire.

Emblematica è la scena nella quale il Dr. Dolittle fronteggia il Drago, archetipo Junghiano del nostro lato oscuro, delle nostre pulsioni, della nostra istintività. Nella scena del film, la lotta corpo a corpo porta solo alla sconfitta dei soldati e alla furia dell’animale, che viene però quietato dalla capacità del protagonista di comprendere la sua lingua (livello mentale) e il suo dolore emotivo (livello emozionale). La vittoria finale viene raggiunta poi quando il dottore cura fisicamente il drago. La morale della favola stravolge la tradizionale lotta dell’eroe contro il suo drago, passando dal paradigma della soppressione dei propri demoni a quello del “prendersene cura”, ovvero comprenderli, accettarli e amarli. Un film insomma, poco apprezzato dalla critica, che però può avere un valore pedagogico e psicologico nascosto, foriero di crescita interiore.

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Scienze

Broccoli e cavoletti di Bruxelles per combattere il cancro

Una nuova ricerca ha collegato una molecola presente nei broccoli a uno dei più potenti geni soppressori del cancro.

Marco Matteoli

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Lo studio afferma che il composto, chiamato I3C, è coinvolto in una complessa reazione chimica a catena che riduce la capacità di diffusione dei tumori.

La ricerca proviene dal laboratorio di Pier Paolo Pandolfi presso il Cancer Center e il Cancer Research Institute del Beth Israel Deaconess Medical Center.

Il prof. Pandolfi da lungo tempo è impegnato nello studio di un gene che sopprime il cancro chiamato PTEN, il quale codifica una proteina che controlla la crescita cellulare, e lo ha definito “uno dei più importanti soppressori tumorali nella storia della genetica del cancro.

“Lo studio è davvero entusiasmante. La curiosità dei media però si è spostata sulla connessione di questo gene con i broccoli”, afferma il professore.

Il gene PTEN è regolarmente preso di mira dai tumori, che cercano di eliminarlo, mutarlo o inattivarlo.

A tale proposito i ricercatori hanno scoperto che un enzima, noto per promuovere la crescita del cancro, chiamato WWP1, svolge un ruolo importante nell’interferenza con la funzione PTEN.  Ma i ricercatori hanno anche scoperto che un composto presente in natura e trovato nelle verdure crocifere chiamato indole-3-carbinolo o I3C è in grado di neutralizzare questo enzima ripristinando i poteri di soppressione del tumore del PTEN.

Il lavoro, pubblicato sulla rivista Science e supportato dal National Institutes of Health, apre quindi le porte allo sviluppo di farmaci anti-cancro basati sulla soppressione del WWP1 e sulla conseguente liberazione di PTEN in modo che possa svolgere la propria azione.

Il composto che protegge il PTEN, I3C, era già noto alla scienza che pensava avesse proprietà anti-cancro, sebbene il suo preciso meccanismo di azione fosse un mistero. L’I3C è presente in natura nelle verdure crocifere che includono broccoli, cavoletti di Bruxelles, rucola, cavolo e cavolfiore.

Questi prodotti sono stati studiati già in passato per le loro proprietà antitumorali con risultati che, secondo il National Cancer Institute, sono promettenti sugli animali, ma che risultano contrastanti nell’uomo.

E, in ogni caso, rimane il problema che le dosi, nei topi di laboratorio, per essere efficaci, dovrebbero raggiungere, ad esempio, i sei chili di broccoli al giorno. Una cosa, nella realtà, poco fattibile.

“Ciò significa che, da un punto di vista pratico – ha detto Pandolfi – la strada più percorribile sarà quella di sviluppare dosi sotto forma di pillola”.

FONTE

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