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Attualità

Clima: quando per più di un miliardo di persone il caldo sarà insopportabile

Collaboratori occasionali

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di Irene Morabito

Da qui ai prossimi 50 anni, più di un miliardo di persone saranno costrette a migrare in altre zone del mondo in cui il clima è più mite, poiché le temperature dei propri paesi si alzeranno a tal punto da renderli invivibili. 

Questo è ciò che salta fuori dallo studio di un team di ricerca internazionale di scienziati, archeologi, ecologi e climatologi provenienti da università di Europa, di Cina e degli Stati Uniti e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) proprio la scorsa settimana. 

I risultati della ricerca, ci portano a prevedere uno scenario nel quale 1,2 miliardi di persone in India, 485 milioni in Nigeria e oltre 100 milioni tra Pakistan, Indonesia e Sudan finiranno col vivere in luoghi dove le temperature medie saranno di 29 gradi. Per dare un’idea, attualmente questo livello di temperatura è presente principalmente solo nelle aree più roventi e non abitate del Sahara, e consiste nello 0,8% della superficie terrestre del pianeta. Considerato che le emissioni incontrollate di gas serra sono riconosciute come le principali responsabili del riscaldamento globale, se continuassero ad aumentare da qui al 2070, l’incremento delle zone inabitabili potrebbe raggiungere il 19% della superficie terrestre globale.

“Ciò porterebbe 3,5 miliardi di persone in condizioni quasi invivibili“, afferma il coautore dello studio Jens-Christian Svenino dell’Università di Aarhus. Le difficoltà scaturite da questo forte aumento delle temperature medie, porterebbero molte popolazioni a vivere in ambienti insostenibili, minacciando la loro salute, riflettendosi sulla loro società, stili di vita e economia, aumentando conseguentemente la pressione migratoria verso siti più accoglienti.

“I cambiamenti si manifesterebbero meno velocemente che con l’attuale pandemia da Covid-19, ma sarebbero ancor più deleteri perché alcune zone del Pianeta si riscalderebbero a livelli a malapena accettabili per la sopravvivenza umana, e non si raffredderebbero mai più”, osserva Marten Scheffern dell’Università di Wageningen, coordinatore dello studio assieme a Xu Chi dell’università di Nanjing.

Lo studio esamina come il cambiamento climatico influisce sull’habitat umano. Il passo precedente era stato l’esperimento dei cambiamenti climatici all’interno delle foreste pluviali e delle savane.

”Sappiamo che la maggior parte degli habitat delle creature è limitata dalla temperatura. Ad esempio, i pinguini si trovano solo in acqua fredda e i coralli solo in acqua calda. Ma non ci aspettavamo che gli umani fossero così sensibili. Ci consideriamo molto adattabili perché usiamo vestiti, riscaldamento e aria condizionata. Ma, in effetti, la stragrande maggioranza delle persone vive – e ha sempre vissuto – all’interno di una nicchia climatica che ora si muove come mai prima ” – Marten Scheffer, ecologo dell’Università di Wageningen.

Le ricerche hanno evidenziato che per millenni, nonostante le migrazioni, le innovazioni e i cambiamenti, la maggior parte delle zone abitate dall’essere umano sono in una fascia climatica di temperature medie annuali che sia aggirano tra gli 11° e i 15° e in minor parte tra i 20° e i 25°, quindi un range climatico che risulta essere l’ideale per la salute umana e la produzione alimentare. Purtroppo però l’eccesso delle emissioni di anidride carbonica prodotto dalle attività umane, sta portando il pericolo sempre più vicino alla realtà prossima, facendo diventare invivibili le aree attualmente abitate.

“Questa nicchia climatica sorprendentemente costante rappresenta probabilmente i vincoli fondamentali di cui gli esseri umani hanno bisogno per sopravvivere e prosperare”, afferma il professor Scheffer. 

Gli autori di questa ricerca però avvertono che se le emissioni di carbonio proseguissero con questo andamento, vasti territori del pianeta si riscalderebbero a livelli di calore a stento sostenibili. Il loro nuovo raffreddamento sarebbe però impossibile essendosi interrotto il ciclo naturale. Le persone che non hanno mezzi tecnologici o economici per adattarsi a queste temperature, saranno di conseguenza costretti a migrare. Ciò porterà a tensioni, conflitti e crisi umanitarie. Non dimentichiamoci che già adesso la situazione delle migrazioni è critica ancheperchéquesto processo è già iniziato. Estendendosi a livelli esponenziali, porterebbe a conflitti già solo pensando all’equa distribuzione delle risorse.

“La buona notizia è che questi impatti possono essere notevolmente ridotti se l’umanità riesce a frenare il riscaldamento globale”, afferma il coautore dello studio Tim Lenton, specialista del clima e direttore del Global Systems Institute dell’Università di Exeter. “I nostri calcoli mostrano che ogni livello di riscaldamento sopra i livelli attuali corrisponde a circa un miliardo di persone che non rientrano nella nicchia climatica. È importante che ora possiamo esprimere i benefici della riduzione delle emissioni di gas serra in qualcosa di più umano che in termini monetari “.

“Questo studio sottolinea il motivo per cui un approccio olistico alla lotta ai cambiamenti climatici che includa l’adattamento ai suoi impatti, affrontando le questioni sociali, costruendo la governance e potenziando lo sviluppo nonché percorsi legali compassionevoli per coloro le cui case sono colpite, è fondamentale per garantire un mondo in cui tutti gli esseri umani possono vivere con dignità “, aggiunge Scheffer.

Gli articoli che seguono sono scritti da collaboratori, a vario titolo, della testata. Alcuni, occasionalmente, scrivono ancora. Altri non più.

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Attualità

Sicilia vacanti Il primo album di Alessandro D’Andrea Calandra

Redazione Foritalynews

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S’intitola “Sicilia vacanti” il primo album dell’agrigentino Alessandro D’Andrea Calandra che con questo lp si affaccia nel modo discografico italiano. Lo fa con un disco scritto in dialetto, dando libero sfogo allo stile musicale che meglio definisce la sua terra natia. Un genere ethno-folk che risente della tradizione culturale siciliana, affondando le radici in un passato remoto fatto di storie da raccontare.

Storie vissute, ascoltate e che, nelle tracce di Sicilia vacanti, diventano quadri cangianti dai colori speziati, spargendo profumi antichi. Pregni di sapori atti a contraddistinguere un’epoca. Storie di immigrazione, di viaggi, di coraggio, di persone che affrontano disavventure ritrovando la loro terra o combattendo per essa.

I brani del nuovo album di Alessandro D’Andrea Calandra danno voce alle persone che nella sua Sicilia hanno vissuto e lottato in questi frangenti musicali. “Sicilia vacanti”; “Èuno”; “L’Isola di Allah”; “Danza saracina chista sira!”; “Federicu (gioia di lu munnu)”; “L’avemooh hoonkya dance”; “Cumpagna Luna”; “Cori fa’ la vovò”; “Si ‘u munnu fussi amuri”; “Cugliemuli sti spichi!” sono la tracklist di un “progetto d’amore”.

Le parole intersecano una musica soave ed etnica, capace di far viaggiare la mente dell’ascoltatore in quei meandri storici. Ci si addentra negli orizzonti dispersi di un passato lontano. Palermo, Agrigento, l’impero bizantino, i Saraceni. Immagini storiche che descrivono un mosaico di suoni pronto ad ergersi difronte a noi mostrando la realtà di un popolo caparbio. Un popolo fiero che ha messo le sue radici in quel tempo e che in quelle immagini rivede sé stesso.

Alessandro D’Andrea Calandra pubblica “Sicilia vacanti”. Un disco inedito fatto di canzoni che, prese nel loro insieme, diventano le splendide figure di unico quadro dipinto a mano dall’artista.

Segui Alessandro D’Andrea Calandra su FB / IG / TT / YT

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Attualità

Primavera, e la moda torna a scegliere il fiore

Da millenni l’abito femminile ha fatto proprio in varie forme questo delicato decoro

Gloria Gualandi

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I vestiti a fiori tornano protagonisti dei look di stagione. Lo segnala Elle, che parla di charme in boccio. Spiega che i vestiti ultra bouquet vanno arricchiti con camperos, tweed e accessori infiorettati a dovere.

La tendenza floreale della moda Primavera Estate sboccia sulle passerelle in uno spettro ampissimo che va dagli abiti stampati – come quello con gonna a corolla di Dior o la creazione Comme des Garçons – all’anturium dress di Loewe in cui l’abito è il fiore stesso. E poi – racconta ancora Elle – ecco vestiti con ricami e applicazioni floreali 3D dal rosso Bottega Veneta al nude dress in stile primavera botticelliana di Acne Studios fino ai boccioli décor che fioriscono sulle tote bag Prada: le collezioni Primavera Estate sulle passerelle interpretano cosi la tendenza floreale.

Guardando indietro nel tempo – come invita a fare dal canto suo Harper Bazaar – la tendenza a integrare i fiori di tessuto nel proprio guardaroba proviene dall’antico Oriente: 1500 anni fa le donne cinesi che frequentavano il Palazzo Imperiale si agghindavano i capelli con preziosi fiori in seta, poi la moda passò alla nobiltà cinese, al Giappone, alla Corea e, infine, grazie all’apertura di nuove rotte mercantili, approdò anche in Occidente. In Italia dei fiori di seta si iniziano ad avere tracce a partire dal XII secolo. Da qui viaggiarono per tutta Europa per poi mettere radici in Francia, prima di tornare a migrare verso l’Inghilterra e poi l’America. Per un po’ di tempo se ne persero le tracce, finché le rosette non iniziarono a comparire sulle scarpe della nobiltà del XVI e XVII secolo, quando l’aristocrazia le accompagnò con fiocchi e nastri sgargianti per decorare l’allacciatura. Godettero poi di un periodo particolarmente florido in età vittoriana, verso la fine del 1800: drammatici e intrisi di una bellezza decadente, i fiori di seta, soprattutto se tinti di nero, si sposarono bene con le atmosfere cupe del tempo e con la moda gotica che iniziò a mettere radici.

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Attualità

“Passioni in Fiera” un successo che cresce

Conclusa con grande successo la due giorni di eventi e di forti attrazioni nel Quartiere Fieristico aretino

Paolo Castiglia

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“Un viaggio nel tempo, con le testimonianze e gli oggetti del passato, e nel futuro con le innovazioni presenti in tutti i settori”. Per Ferrer Vannetti, presidente di Arezzo Fiere e Congressi la appena conclusa quarta edizione di “Passioni in Fiera” che ha catalizzato l’attenzione generale nello scorso weekend, è stata per le famiglie, gli operatori e i protagonisti che vi hanno preso parte “come entrare in una scatola delle meraviglie: ai visitatori che varcavano la soglia si apriva un caledoscopico universo fatto di colori, profumi, sapori, e soprattutto di persone che si dedicano con grande amore alle loro attività, e si impegnano per trasmettere la loro passione sal pubblico con un grande coinvolgimento”.

Si è trattato infatti di una due giorni di grandi passioni e divertimento per tutti, un altro fine settimana di grandi eventi di forti attrazioni al quartiere fieristico di Arezzo Fiere con oltre 13.000 presenze fra Passioni In Fiera e la mostra del Fumetto e del Disco. Visitatori aretini e non solo, erano molti quelli provenienti da un ampio bacino della Toscana, Umbria, Lazio e Marche.

Ma ovviamente, spiega ancora Vannetti, “Arezzo Fiere non si ferma qui: concluso questo week end con feedback positivi sia da parte degli espositori che dal pubblico intervenuto – spiega il presidente – Arezzo Fiere si concentra fin da subito sugli appuntamenti delle prossime settimane, tra cui quello con il Calcit del 22-23-24 marzo, per poi proiettarsi verso la 43esima edizione di OroArezzo, la nostra storica Fiera Internazionale dell’Oreficeria, organizzata da Italian Exhibition Group nei nostri rinnovati spazi espositivi dall’11 al 14 maggio prossimi.

Tornando a Passioni in Fiera, mai nome è stato scelto in modo più appropriato: si è vista tanta passione accendersi negli occhi del pubblico, adulti e bambini, grazie alle persone che ad Arezzo Fiere hanno portato e condiviso con generosità una parte importante della loro vita. Il bilancio è quindi molto positivo per gli organizzatori e per l’Ente Fieristico aretino, e non solo per i grandi numeri dell’afflusso di pubblico, ma anche perché erano rappresentate all’interno degli spazi fieristici davvero molte categorie: dalla floricoltura, al vivaismo, alla ceramica, all’artigianato artistico, ai prodotti e servizi per l’outdoor, per la casa e il giardino. Catalizzatore di interesse ed attenzione è stata sicuramente l’area dedicata alla Fattoria, con splendidi esemplari di avicoli ornamentali, alpaca, equini e bovini, da poter osservare da vicino e, con il permesso dell’allevatore, accarezzare.

L’intrattenimento per bambini ha visto continuativamente nei due giorni impegnato il parco avventura. Le altre attività, presentate nell’area sportiva, e proposte a tutti quelli che volevano cimentarsi, tra cui Il kartodromo, il pattinaggio, ballo e arti marziali orientali, sono state organizzate da Arezzo Fiere in collaborazione con la UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), Associazione di promozione sportiva che vuole affermare il valore sociale dello sport, bene sociale che contribuisce alla salute e alla qualità della vita. Importante è stata anche la presenza del terzo settore, che ha fatto conoscere al pubblico le loro attività sociali e di inclusione.

Ricca e variegata anche l’area Food, con proposte di cucine tipiche dall’Italia e dal mondo, e con l’offerta di birre artigianali che hanno permesso di aggiungere un momento di convivialità e piacere alle giornate trascorse in Fiera. Molto frequentato anche il nuovo padiglione “Nirvana”, un vero e proprio viaggio nel mondo olistico e del benessere con Expo di artigianato e bio, area relax, con trattamenti olistici e un percorso dedicato al mistero e alla magia. Durante l’evento si sono tenute anche conferenze gratuite, workshop e meditazioni per il sé interiore. Vivissima soddisfazione anche per gli organizzatori della Mostra del Fumetto che organizzano ad Arezzo, ormai stabilmente, due appuntamenti l’anno con davvero ottime risposta dagli operatori e dagli instancabili collezionisti.

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