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Attualità

150/2000: addetti stampa e portavoce

Collaboratori occasionali

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Se si potesse installare un contatore conquisterebbe il Guinness dei primati per quante volte viene citata, a proposito o sproposito, da chi intravede in essa la possibile soluzione dei suoi problemi.

di Gino Falleri

Se si potesse installare un contatore e questo potesse funzionare per l’intero territorio nazionale conquisterebbe il Guinness dei primati per quante volte viene citata, a proposito o sproposito, da rappresentanti delle istituzioni giornalistiche o da chi intravede in essa la possibile soluzione dei suoi problemi. L’oggetto delle attenzioni non è altro che la “celeberrima” legge 150/2000, quella che “Disciplina le attività di informazione e comunicazione delle pubblicazioni amministrazioni”; onusta e superata e non sempre chi ne parla ha dimestichezza su cosa debba intendersi per pubbliche amministrazioni. Quali sono gli enti che ne fanno parte secondo un decreto legislativo approvato nel 1993 e tuttora vigente.

E’ oltremodo giusto che se ne discuta e si portino all’attenzione congressuale, come è stato fatto di recente a Chianciano sede del XXVII congresso della Fnsi, le varie anomalie insite in essa e la disordinata applicazione dell’articolo 9. Fantasiosa in più casi e sovente in violazione del precetto che vuole una netta separazione tra addetto stampa e portavoce. Per averne un piccolo saggio è sufficiente dare una scorsa a “Uomini comunicazione” del dicembre 2014, pubblicato da “Prima Comunicazione”. Non bisogna dimenticare che la PA è un muro di gomma e tende a respingere professionalità anomale, soprattutto se per queste siano previsti retribuzioni e benefici non riconosciuti dalla contrattazione pubblica agli altri dipendenti.

A tutto questo deve inoltre aggiungersi la posizione neutra delle tre Confederazioni sindacali, che finora hanno frenato sul profilo dell’addetto stampa e sulla sua regolamentazione. Non concedono spazio alla Fnsi, che nella PA non ha eccessivo peso, ed i suoi iscritti non superano quota 22.000 su oltre centomila facenti capo all’Ordine. Saranno ancora di meno allorché l’Angpi si sarà rafforzata con gli accordi in fase di definizione con soggetti sindacali in quanto con i nuovi statuti approvati e le proposte giacenti si mira a collocare i pubblicisti ai margini della professione. Rappresentanze in violazione del dettato costituzionale che vuole che tutti siano uguali di fronte alla legge.

L’atteggiamento assunto da Cgil, Cisl e Uil è stato chiaro sin dall’inizio. Nel 2003 a Torino, in occasione di un convegno organizzato dal Gruppo Giornalisti Uffici Stampa del Piemonte, la Cgil non ha fatto mistero di non essere attirata dalla 150 in quanto il sindacato non era stato invitato a fornire il suo contributo. Sebbene tutti sapessero che nell’interno della PA i confederali hanno un peso ed influenza in forza di un provvedimento legislativo e la loro influenza non la spartiscono con altri.

Il tema uffici stampa e legge 150 è stato ripreso a Chianciano, con la richiesta di un “Tavolo delle regole” sull’informazione istituzionale. Una richiesta più che legittima, che presuppone una risposta ad una precisa domanda: la PA comunica od informa? Senza richiamare i saggi ed i libri a firma di Elisabetta Zuanelli, Francesco Piras, Franco Pomilio, Daniela Panosetti e Alessandro Rovinetti, la PA ha finora comunicato. Informano alcune Regioni, che al posto degli uffici stampa hanno istituito delle agenzie d’informazione. Per il resto è tutta comunicazione di servizio. Non per niente la Direttiva del Ministero della funzione pubblica del 7 febbraio 2002 ha stabilito che la comunicazione pubblica cessava di “essere un segmento aggiuntivo e residuale delle Pubbliche Amministrazioni, e ne” diventava “parte integrante”.

A parte il congresso ed il tavolo delle regole, il tema della 150 è ritornato di attualità nei giorni passati a causa dell’assegnazione da parte della Presidenza della Repubblica alla stessa persona dell’incarico di addetto stampa e di portavoce. Assegnazione più che legittima. Gli organi costituzionali non fanno parte della PA. Quindi le eventuali obiezioni sono da respingere. E’ giusto invece sostenere che il sindacato unitario debba interessarsi anche degli uffici stampa privati e che al loro interno, se istituiti, è indispensabile che ci siano dei giornalisti. Se non altro per conferire risorse all’ente di previdenza.

Comunque è la stessa legge, come è stato affermato a Chianciano, ad essere superata in alcune sue parti e dovrebbe essere sottoposta in sede parlamentare ad una operazione di restauro. La modifica, secondo alcuni, dovrebbe partire dall’abolizione dell’Urp, che è una pura chimera. Come una chimera è la modifica della legge. Una volta in parlamento a farla da padrone non sarà altro che l’Ufficio del Portavoce. Una riforma a costo zero da portare a Bruxelles sui tavoli che contano per poter affermare che si seguono i modelli dell’Unione, che per comunicare non ci si avvale dell’ufficio stampa.

Affinché si possa avere un quadro ben preciso, soprattutto delle anomalie consentite, è buona cosa andare indietro nel tempo. La 150/2000 è un provvedimento auspicato, sostenuto e voluto in sede congressuale da Salerno in poi, siamo nell’ottobre 1970, e soprattutto dal Gruppo Giornalisti Uffici Stampa (Gus), nato a Milano e quindi costituito fuori della Federazione nazionale della stampa. Un gruppo con una sua autonomia, che si muove come ritiene opportuno sulla base delle proprie esigenze ed interessi.

Una volta approvata in fase esecutiva è stata più volte modellata in peius secondo le esigenze dell’organizzazione pubblica perché non obbliga di istituire l’ufficio stampa. Non ha arrecato nessuno di quei benefici che si sperava di poter ottenere alla vigilia del voto favorevole. E’ un fallimento con un punto interrogativo. Si può riferire quanto ha voluto dire a giustificazione uno dei massimi esponenti della Fnsi allorché un gruppo di lavoro stava esaminando la bozza del regolamento per accedere alle aree di comunicazione ed informazione. La legge era stata sostenuta dalla Fnsi per conferire uno stato giuridico a chi operava negli uffici stampa pubblici.

Una risposta non appropriata. L’obiettivo del Gus e dei delegati era ben diverso. Si volevano creare occasioni di lavoro per i giornalisti. L’affermazione non teneva conto, come non è stato peraltro tenuto conto da chi l’avrebbe dovuto fare, che la legge impone che negli uffici stampa devono svolgere la loro attività solo chi è iscritto all’albo dei giornalisti. Coloro che la svolgevano all’atto della sua approvazione lo erano? No. Più tardi è intervenuto il Consiglio nazionale dell’Ordine con un provvedimento volto a dare uno stato giuridico agli interni. Ne aveva la legittimazione giuridica? La risposta la dovrebbero fornire le autorità competenti.

Gli articoli che seguono sono scritti da collaboratori, a vario titolo, della testata. Alcuni, occasionalmente, scrivono ancora. Altri non più.

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Attualità

Sicilia vacanti Il primo album di Alessandro D’Andrea Calandra

Redazione Foritalynews

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S’intitola “Sicilia vacanti” il primo album dell’agrigentino Alessandro D’Andrea Calandra che con questo lp si affaccia nel modo discografico italiano. Lo fa con un disco scritto in dialetto, dando libero sfogo allo stile musicale che meglio definisce la sua terra natia. Un genere ethno-folk che risente della tradizione culturale siciliana, affondando le radici in un passato remoto fatto di storie da raccontare.

Storie vissute, ascoltate e che, nelle tracce di Sicilia vacanti, diventano quadri cangianti dai colori speziati, spargendo profumi antichi. Pregni di sapori atti a contraddistinguere un’epoca. Storie di immigrazione, di viaggi, di coraggio, di persone che affrontano disavventure ritrovando la loro terra o combattendo per essa.

I brani del nuovo album di Alessandro D’Andrea Calandra danno voce alle persone che nella sua Sicilia hanno vissuto e lottato in questi frangenti musicali. “Sicilia vacanti”; “Èuno”; “L’Isola di Allah”; “Danza saracina chista sira!”; “Federicu (gioia di lu munnu)”; “L’avemooh hoonkya dance”; “Cumpagna Luna”; “Cori fa’ la vovò”; “Si ‘u munnu fussi amuri”; “Cugliemuli sti spichi!” sono la tracklist di un “progetto d’amore”.

Le parole intersecano una musica soave ed etnica, capace di far viaggiare la mente dell’ascoltatore in quei meandri storici. Ci si addentra negli orizzonti dispersi di un passato lontano. Palermo, Agrigento, l’impero bizantino, i Saraceni. Immagini storiche che descrivono un mosaico di suoni pronto ad ergersi difronte a noi mostrando la realtà di un popolo caparbio. Un popolo fiero che ha messo le sue radici in quel tempo e che in quelle immagini rivede sé stesso.

Alessandro D’Andrea Calandra pubblica “Sicilia vacanti”. Un disco inedito fatto di canzoni che, prese nel loro insieme, diventano le splendide figure di unico quadro dipinto a mano dall’artista.

Segui Alessandro D’Andrea Calandra su FB / IG / TT / YT

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Attualità

Primavera, e la moda torna a scegliere il fiore

Da millenni l’abito femminile ha fatto proprio in varie forme questo delicato decoro

Gloria Gualandi

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I vestiti a fiori tornano protagonisti dei look di stagione. Lo segnala Elle, che parla di charme in boccio. Spiega che i vestiti ultra bouquet vanno arricchiti con camperos, tweed e accessori infiorettati a dovere.

La tendenza floreale della moda Primavera Estate sboccia sulle passerelle in uno spettro ampissimo che va dagli abiti stampati – come quello con gonna a corolla di Dior o la creazione Comme des Garçons – all’anturium dress di Loewe in cui l’abito è il fiore stesso. E poi – racconta ancora Elle – ecco vestiti con ricami e applicazioni floreali 3D dal rosso Bottega Veneta al nude dress in stile primavera botticelliana di Acne Studios fino ai boccioli décor che fioriscono sulle tote bag Prada: le collezioni Primavera Estate sulle passerelle interpretano cosi la tendenza floreale.

Guardando indietro nel tempo – come invita a fare dal canto suo Harper Bazaar – la tendenza a integrare i fiori di tessuto nel proprio guardaroba proviene dall’antico Oriente: 1500 anni fa le donne cinesi che frequentavano il Palazzo Imperiale si agghindavano i capelli con preziosi fiori in seta, poi la moda passò alla nobiltà cinese, al Giappone, alla Corea e, infine, grazie all’apertura di nuove rotte mercantili, approdò anche in Occidente. In Italia dei fiori di seta si iniziano ad avere tracce a partire dal XII secolo. Da qui viaggiarono per tutta Europa per poi mettere radici in Francia, prima di tornare a migrare verso l’Inghilterra e poi l’America. Per un po’ di tempo se ne persero le tracce, finché le rosette non iniziarono a comparire sulle scarpe della nobiltà del XVI e XVII secolo, quando l’aristocrazia le accompagnò con fiocchi e nastri sgargianti per decorare l’allacciatura. Godettero poi di un periodo particolarmente florido in età vittoriana, verso la fine del 1800: drammatici e intrisi di una bellezza decadente, i fiori di seta, soprattutto se tinti di nero, si sposarono bene con le atmosfere cupe del tempo e con la moda gotica che iniziò a mettere radici.

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“Passioni in Fiera” un successo che cresce

Conclusa con grande successo la due giorni di eventi e di forti attrazioni nel Quartiere Fieristico aretino

Paolo Castiglia

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“Un viaggio nel tempo, con le testimonianze e gli oggetti del passato, e nel futuro con le innovazioni presenti in tutti i settori”. Per Ferrer Vannetti, presidente di Arezzo Fiere e Congressi la appena conclusa quarta edizione di “Passioni in Fiera” che ha catalizzato l’attenzione generale nello scorso weekend, è stata per le famiglie, gli operatori e i protagonisti che vi hanno preso parte “come entrare in una scatola delle meraviglie: ai visitatori che varcavano la soglia si apriva un caledoscopico universo fatto di colori, profumi, sapori, e soprattutto di persone che si dedicano con grande amore alle loro attività, e si impegnano per trasmettere la loro passione sal pubblico con un grande coinvolgimento”.

Si è trattato infatti di una due giorni di grandi passioni e divertimento per tutti, un altro fine settimana di grandi eventi di forti attrazioni al quartiere fieristico di Arezzo Fiere con oltre 13.000 presenze fra Passioni In Fiera e la mostra del Fumetto e del Disco. Visitatori aretini e non solo, erano molti quelli provenienti da un ampio bacino della Toscana, Umbria, Lazio e Marche.

Ma ovviamente, spiega ancora Vannetti, “Arezzo Fiere non si ferma qui: concluso questo week end con feedback positivi sia da parte degli espositori che dal pubblico intervenuto – spiega il presidente – Arezzo Fiere si concentra fin da subito sugli appuntamenti delle prossime settimane, tra cui quello con il Calcit del 22-23-24 marzo, per poi proiettarsi verso la 43esima edizione di OroArezzo, la nostra storica Fiera Internazionale dell’Oreficeria, organizzata da Italian Exhibition Group nei nostri rinnovati spazi espositivi dall’11 al 14 maggio prossimi.

Tornando a Passioni in Fiera, mai nome è stato scelto in modo più appropriato: si è vista tanta passione accendersi negli occhi del pubblico, adulti e bambini, grazie alle persone che ad Arezzo Fiere hanno portato e condiviso con generosità una parte importante della loro vita. Il bilancio è quindi molto positivo per gli organizzatori e per l’Ente Fieristico aretino, e non solo per i grandi numeri dell’afflusso di pubblico, ma anche perché erano rappresentate all’interno degli spazi fieristici davvero molte categorie: dalla floricoltura, al vivaismo, alla ceramica, all’artigianato artistico, ai prodotti e servizi per l’outdoor, per la casa e il giardino. Catalizzatore di interesse ed attenzione è stata sicuramente l’area dedicata alla Fattoria, con splendidi esemplari di avicoli ornamentali, alpaca, equini e bovini, da poter osservare da vicino e, con il permesso dell’allevatore, accarezzare.

L’intrattenimento per bambini ha visto continuativamente nei due giorni impegnato il parco avventura. Le altre attività, presentate nell’area sportiva, e proposte a tutti quelli che volevano cimentarsi, tra cui Il kartodromo, il pattinaggio, ballo e arti marziali orientali, sono state organizzate da Arezzo Fiere in collaborazione con la UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), Associazione di promozione sportiva che vuole affermare il valore sociale dello sport, bene sociale che contribuisce alla salute e alla qualità della vita. Importante è stata anche la presenza del terzo settore, che ha fatto conoscere al pubblico le loro attività sociali e di inclusione.

Ricca e variegata anche l’area Food, con proposte di cucine tipiche dall’Italia e dal mondo, e con l’offerta di birre artigianali che hanno permesso di aggiungere un momento di convivialità e piacere alle giornate trascorse in Fiera. Molto frequentato anche il nuovo padiglione “Nirvana”, un vero e proprio viaggio nel mondo olistico e del benessere con Expo di artigianato e bio, area relax, con trattamenti olistici e un percorso dedicato al mistero e alla magia. Durante l’evento si sono tenute anche conferenze gratuite, workshop e meditazioni per il sé interiore. Vivissima soddisfazione anche per gli organizzatori della Mostra del Fumetto che organizzano ad Arezzo, ormai stabilmente, due appuntamenti l’anno con davvero ottime risposta dagli operatori e dagli instancabili collezionisti.

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