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Attualità

Al Policlinico Gemelli di Roma si celebra la XVIII Giornata Nazionale del Sollievo

Daniele Sebastianelli

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Premiate le scuole vincitrici del concorso “Un ospedale con più sollievo” . Consegnato a Flavio Insinna il premio dedicato alla memoria di Fabrizio Frizzi

«In occasione della “Giornata del Sollievo”, rivolgo un pensiero speciale a quanti sono radunati al Policlinico Gemelli per promuovere iniziative di fraternità con gli ammalati». È il saluto di Papa Francesco, domenica 26 maggio al termine del Regina Coeli in Piazza San Pietro, trasmesso in diretta nell’ospedale romano, a conclusione della diciottesima edizione dell’evento dedicato all’attenzione verso i malati e al sollievo dalla sofferenza.

La mattinata, nella Hall del Policlinico dove è stato allestito un palco, ha visto numerosa la partecipazione del pubblico guidato da una madrina d’eccezione, la presentatrice televisiva Paola Saluzzi che ha via via, nel corso della mattinata introdotto gli ospiti spiegando i motivi dell’iniziativa e ringraziando quanti, con premurosa attenzione, si prendono cura quotidianamente dei malati dando loro speranza e sostegno. Volontari, rappresentanti di associazioni, medici, infermieri, accademici e rappresentanti del mondo televisivo si sono alternati sul palco e a tutti i presenti è stata distribuita una bustina di semi di girasole. Questi fiori, hanno spiegato, «chinano la testa quando manca il sole», proprio come chi è toccato dalla sofferenza e dalla malattia. Per questo tutti sono stati invitati a piantare i semi in un grande vaso, diventando, così, «piantatori di speranza»

Commovente il ricordo di Fabrizio Frizzi, il presentatore che per molte edizioni ha presentato la giornata al Gemelli e divenuto testimonial del sollievo della sofferenza, al quale è stato dedicato un premio, una targa commemorativa consegnata nelle mani di un suo grande amico, Flavio Insinna. «Due cose non avrei mai voluto nella mia vita: il suo programma televisivo e questo premio. Perché significherebbe che lui è ancora qui tra noi». Insinna, parlando di Frizzi, ha citato Giovanni Falcone. «Quando penso a Fabrizio, penso a Falcone e alla sua frase ‘Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini’. Fabrizio sarà vivo e presente se noi moltiplicheremo gli sforzi. Lui ce l’ha insegnato. Un sorriso in più, un aiuto in più, un gesto in più». In questo spirito di gratitudine, il Policlinico Gemelli sta prendendo in considerazione la proposta di dedicare la Hall proprio alla memoria di Fabrizio Frizzi.

Cuore della mattinata è stata anche la premiazione concorso riservato alle scuole, intitolato “un ospedale con più sollievo” e patrocinato dal Miur. Tra gli eventi a livello nazionale è quello che più di altri mira a sensibilizzare il mondo della scuola e a diffondere tra i più giovani la cultura del sollievo. A consegnare i premi diversi personaggi del mondo dello spettacolo tra cui la cantante Rita Forte, per la scuola d’infanzia, e l’attore Michele La Ginestra, per la scuola primaria (elementari).

In particolare, il premio riservato alla scuola primaria è andato all’Istituto Comprensivo Regina Margherita – Scuola Gian Giacomo Baldini di Roma, classi quinta A e B con un progetto social sviluppato attraverso un gruppo Whatsapp contaminato con l’arte e la solidarietà.

La maestra di religione Lucia D’Adamo, che ha iscritto la scuola al concorso e ha sviluppato il progetto insieme ad altre inseganti, Laura Senni (italiano) e Cristina Pezzino (matematica e arte), ha raccontato che l’idea «è stata quella di inventare un racconto attraverso dipinti famosi ma, al posto delle didascalie, è stato utilizzato un gruppo Whatsapp che ha permesso ai bambini di interagire tra loro». In pratica «nel progetto, intitolato “la carica dei 41” dal numero degli alunni coinvolti, i ragazzi si sono inventati un’amica immaginaria, Rachele, ricoverata all’ospedale di Nettuno (il nome del gruppo Whatsapp era appunto “Tutti o Nett(ss)uno”) che dialogava con loro durante il periodo di ricovero e della malattia attraverso questo social». Così i ragazzi hanno potuto dialogare con la loro amica Rachele, interagendo con lei con messaggi di incoraggiamento e speranza, dando luogo ad una conversazione costruttiva che, prendendo spunto da quadri famosi – che Rachele usava per rappresentare i propri stati d’animo – ha fatto crescere entrambi i soggetti della relazione.

«È stato un impegno multidisciplinare – ha detto la maestra Senni che, attraverso l’arte, ha portato i bambini a sviluppare l’amicizia, la solidarietà insieme all’amore per l’arte stessa. L’arte è stato il gancio per portare avanti un dialogo tra i bambini in classe e la loro amica in ospedale». «È stato fatto un grande lavoro di background – ha sottolineato la maestra Pezzino con due classi insieme, un lavoro di equipe in cui le due quinte si sono unite e hanno lavorato come un’unica classe. Una cooperazione non da poco che ha coinvolto tutti noi».

Anche i bambini sono stati soddisfatti del progetto realizzato. «È stata un’esperienza fantastica perché non avrei mai pensato che si potesse fare un lavoro così con Whatsapp», ha detto Valentina (quinta A), «ho capito che può essere usato per stare vicino alle persone che soffrono». Stesso concetto sottolineato da Olivia (quinta B): «Ho imparato che siamo fortunati perché ci sono tanti bambini sfortunati al mondo. Magari pensano che avrebbero potuto avere una vita migliore, invece sono in una condizione di bisogno. L’amicizia è fondamentale per stargli vicini e aiutarli». La consapevolezza ha colpito molto i bambini. Come  Attilio (quinta A): «Attraverso questo lavoro mi sono accorto che ci sono persone in difficoltà e tutti ci dovremmo impegnare per un mondo migliore. L’utilizzo dell’arte è stato molto interessante e ho anche imparato a conoscere diversi quadri». Anche Giulia (quinta B) ha imparato molto: «Questo progetto mi ha insegnato che la vita non è sempre semplicissima. La sofferenza può farti sembrare il mondo un posto triste. Questa bambina (Rachele), grazie all’amicizia, ha trovato la forza per andare avanti. In fondo grazie all’amore, che è la cosa più importante del mondo».

«Partecipare è stato un percorso di crescita per i bambini – ha detto la maestra D’Adamo perché li ha portati a conoscere il percorso ospedaliero. Attraverso questa esperienza e questo progetto hanno capito che la sofferenza è anche occasione di amore e cura dell’altro». Alla scuola è stata consegnata una targa e un premio in denaro di 500 euro.

La XVIII Giornata Nazionale del Sollievo si è svolta non solo a Roma, ma in tutta Italia, con oltre 160 iniziative, censite dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome e promossa, insieme con loro, anche dalla Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti e dal Ministero della Salute, attraverso incontri pubblici di sensibilizzazione e informazione nelle strutture sanitarie, visite gratuite in ambulatori di terapia del dolore, stand di associazioni di volontariato nelle piazze, convegni e corsi di formazione per operatori sanitari, oltre a spettacoli in ospedali. L’obiettivo è stato quello di riflettere e fare il punto della situazione sull’applicazione della Legge 38/2010 che pone l’Italia ai primi posti in Europa per aver sancito il diritto di tuti i cittadini di poter ricevere cure palliative e terapia del dolore.

Come ha rilevato la Fondazione Ghirotti, «c’è un iceberg silenzioso composto da più di sei milioni di persone nel nostro paese, colpite da dolore cronico incoercibile, una parte delle quali abbandonate nella solitudine della propria sofferenza. Ad oggi troppe persone e famiglie vivono nella solitudine della inguaribilità. La lotta al dolore deve continuare ad essere una priorità nell’agenda politica di chi ad ogni livello governa il nostro paese affinché nessuno resti solo di fronte alla malattia».

In questa giornata, alle persone ricoverate in ospedale è stata donata una rosa per iniziativa di Confagricoltura, offerta dai fioricoltori di Napoli.

  

Comunicatore e giornalista. Mi occupo di informazione religiosa con particolare attenzione alle implicazioni etiche e sociali. Non mi interesso delle chiacchiere di palazzo. Cattolico (quindi) politicamente scorretto.

Attualità

Creare poesia per promuovere la salute mentale: un progetto della ASL Roma 1

“Think poetic” è un progetto nato durante il primo lockdown del 2020 per non lasciare da soli i pazienti del centro di salute mentale del distretto 13 ASL Roma 1, oggi un laboratorio di poesia aperto anche al pubblico

Marco Matteoli

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“Il nostro obiettivo è promuovere la salute mentale nella comunità attraverso la poesia”. Con queste parole il Dott. Andrea Solfanelli, medico psichiatra e promotore del progetto, descrive “think poetic”, nato nel 2020 per andare incontro ai pazienti del CSM del distretto 13 della ASL Roma 1, rimasti chiusi in casa per il lockdown, o impossibilitati per altro motivo a recarsi fisicamente al centro di salute mentale.

Il progetto è iniziato con la condivisione di poesie autoprodotte attraverso una chat, e successivamente si è esteso, mediante appuntamento mensile, generalmente l’ultimo martedì del mese, nella biblioteca “Casa del Parco” su via Pineta Sacchetti, dove il dott. Solfanelli e la dott.ssa Isabella Cavicchia, infermiera e scrittrice, coordinano questa attività di gruppo, esortando, non solo gli utenti del CSM, ma anche la popolazione del municipio, a scrivere e condividere testi poetici e aprirsi al gruppo senza timore di giudizio. Una volta esposta la composizione, gli altri membri del gruppo possono commentare il brano o semplicemente esporre il proprio, questo permette di creare un flusso poetico che si autoalimenta con il contributo di tutti i membri.

Un progetto semplice e “sovversivo”, che scaturisce dall’esigenza di combattere l’isolamento imposto dal primo lockdown, e dal senso di alienazione vissuto dal 2020 in poi, in uno spazio in cui incontrarsi davvero e superare la solitudine. Si utilizzano le composizioni poetiche per lasciare fluire il proprio inconscio e superare i limiti imposti dalle parole di utilizzo comune; il risultato è trovare poesia anche in ciò che non ci si aspetta, anche nella verbalizzazione di malesseri interiori attraverso metafore, allegorie, iperboli, personificazioni o in qualunque altro tipo di figura retorica in grado di esprimere il non verbalizzabile.

Nel gruppo il flusso poetico è libero e mutevole, e ogni membro che mano a mano si aggiunge porta nuovi spunti, che siano storie, ricordi, aneddoti, sogni, si può parlare di se stessi oppure degli altri, al fine di incoraggiare il pensiero poetico, uno strumento in più a sostegno della salute mentale.

Per informazioni è possibile contattare il tel. 06/45460671 oppure la biblioteca casa del parco.

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A Solferino la fiaccolata dei 160 anni della Croce Rossa Italiana

Come ogni anno, la città di Solferino ha ospitato la fiaccolata dei volontari della Croce Rossa Italiana, quest’anno ad accendere la prima fiaccola è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Marco Matteoli

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Nel silenzio della notte si odono gemiti, sospiri soffocati pieni di angoscia e di sofferenza e voci strazianti che implorano soccorso. chi potrà mai dire le agonie di quella notte spaventosa! […] Non sarebbe opportuno, durante un periodo di pace e di tranquillità, costituire delle società di soccorso, il cui scopo fosse quello di provvedere alla cura dei feriti, in tempo di guerra, per mezzo di volontari solerti, disinteressati e ben qualificati per tale compito?” Con queste parole Jean Henry Dunant, raccontava della battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno 1859, nel pieno della II guerra di indipendenza italiana, all’interno del suo libro intitolato “un ricordo di Solferino”, pubblicato alla fine del 1862.

È proprio nel ricordo dei campi di battaglia, tra urla strazianti e i miasmi della belligerante disumanità che nacque l’idea di un’associazione di volontari, che con carattere di neutralità ed imparzialità potesse essere in grado di soccorrere i feriti sul campo di battaglia, da questa idea nacque, il 15 giugno 1864, a Milano, la Croce Rossa Italiana. Nella 1° Conferenza diplomatica di Ginevra (8-22 agosto 1864), venne poi sancita la neutralità delle strutture e del personale sanitario.

Ancora oggi dopo 160 anni i volontari della Croce Rossa si impegnano, in virtù dei sette principi fondanti, a sostenere i vulnerabili sia in ambito militare che in ambito civile. “Voglio ringraziarla per la sua opera quotidiana nel mettere al centro dell’agenda Internazionale la sua preoccupazione, che è anche la nostra, per i conflitti armati in corso e per la tragedia umanitaria a cui assistiamo” ha detto il presidente della Croce Rossa Italiana Rosario Valastro rivolgendosi al capo dello Stato Sergio Mattarella, che nel pomeriggio del 22 giugno ha dato di persona il via alla fiaccolata a Piazza Castello, Solferino, per onorare i 160 anni della Croce Rossa Italiana.

Nel frattempo, nella stessa giornata del 22 giugno, l’ufficio del Comitato Internazionale della Croce Rossa a Gaza è stato colpito da proiettili di grosso calibro in seguito a un bombardamento, il quale ha ucciso 25 persone e ne ha ferite almeno 50 , un evento che colpisce allo stomaco i principi stessi di questa associazione, è il caso di dire che “l’umanità si è fermata a Solferino.”

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L’uso smodato degli smartphone può causare demenza nei giovani

Dal 2021 sono stati condotti centinaia di studi che correlano un utilizzo smodato e continuativo dello smartphone, superiore alle sette ore al giorno, a una riduzione del volume cerebrale negli adolescenti e nei giovani adulti.

Marco Matteoli

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Attualmente si stima che oltre 6 miliardi di persone sul pianeta utilizzino uno smartphone. Un numero incrementato vertiginosamente dal 2007, dopo la messa sul mercato dell’iPhone e della rivoluzione digitale mobile. Studi scientifici e ricerche biopsicosociali dimostrano che la sovra-stimolazione cronica, soprattutto nei cervelli adolescenziali in via sviluppo, sia correlata a un incrementato rischio di disordini cognitivi, emotivi e comportamentali, sia negli adolescenti che nei giovani adulti. E’ stato dimostrato, inoltre, che la sovraesposizione agli stimoli sensoriali digitali come quelli di smartphone – nello specifico attraverso attività di scrolling afinalistico sui social media soprattutto nei più giovani – determini effetti simili a quelli riscontrati negli adulti affetti da demenza lieve, come difficoltà di concentrazione, amnesia anterograda (difficoltà ad acquisire nuovi ricordi), difficoltà nella socializzazione e disturbi dell’umore.

L’associazione tra l’utilizzo problematico di internet e problemi strutturali della materia grigia cerebrale è stata riscontrata in molteplici studi, quello più importante, della Cambridge University del 2021, [1] ha osservato, che al confronto con una popolazione meno esposta ai social network, gli abusatori di digitale mostrano una significativa riduzione della materia grigia cerebrale in corrispondenza del giro del cingolo anteriore e della corteccia prefrontale dorso laterale. Reperti confermati con l’esame di risonanza magnetica, sia in studi caso controllo che in metanalisi della letteratura [2-3].

Uno studio pubblicato nel 2022 su “journal of integrative neuroscience” [4] ipotizza che il cervello dei ragazzi appartenenti alla Generazione Z (nati tra il 1995 e il 2015) sarà maggiormente soggetto a decadimento cognitivo e demenza in età avanzata rispetto le generazioni antecedenti come i Millennial (nati tra il 1980 e il 1994), la generazione X (nati tra il 1965 e il 1979) e i baby boomers (nati tra il 1945 e il 1964), e si ipotizza che entro il 2060 ci sarà un incremento di circa 4 o 6 volte di demenza precoce e disfunzioni cognitive di grado moderato. L’eccessivo screen time, ovvero un utilizzo dello smartphone superiore alle 6,5 ore al giorno, soprattutto in una popolazione avente il cervello in via di sviluppo, come quella degli adolescenti, può dunque causare veri e propri casi di “demenza digitale”, oltre ad essere associato a un incremento dell’impulsività, craving per il cibo [5], senso di isolamento, riduzione del tono dell’umore, declino della memoria e della plasticità cerebrale, riduzione della soglia dell’attenzione e veri e propri casi di dipendenza dallo strumento. Come ogni dipendenza, tuttavia, è stato anche studiato [6] che almeno sette giorni di “digital detox” possono ridurre il senso di FOMO (Fear of missing out), migliorare il tono dell’umore e le capacità relazionali.

In una società pervasa oramai dall’utilizzo di social media e intelligenza artificiale, è importante ribadire quanto sia necessaria una consapevolezza profonda nell’utilizzo di queste tecnologie, che non vanno demonizzate, tuttavia non deve neanche essere sottovalutato il tangibile rischio di avere, tra vent’anni, una pletora di quarantenni affetti da demenza precoce.

Fonti:

[1] Solly, J.E. et al. (2021) ‘Structural gray matter differences in problematic usage of the internet: A systematic review and meta-analysis’, Molecular Psychiatry, 27(2), pp. 1000–1009.

[2]Montag, C. and Becker, B. (2023) ‘Neuroimaging the effects of smartphone (over-)use on brain function and structure—a review on the current state of MRI-based findings and a roadmap for future research’, Psychoradiology, 3.

[3]Lee, D. et al. (2019) ‘Lateral orbitofrontal gray matter abnormalities in subjects with problematic smartphone use’, Journal of Behavioral Addictions, 8(3), pp. 404–411.

[4] Manwell, L.A. et al. (2022) ‘Digital Dementia in the internet generation: Excessive screen time during brain development will increase the risk of alzheimer’s disease and related dementias in adulthood’, Journal of Integrative Neuroscience, 21(1), p. 028.

[5] Filippone, L., Shankland, R. and Hallez, Q. (2022) ‘The relationships between social media exposure, food craving, cognitive impulsivity and cognitive restraint’, Journal of Eating Disorders, 10(1).

[6] Brown, L. and Kuss, D.J. (2020) ‘Fear of missing out, mental wellbeing, and social connectedness: A seven-day social media abstinence trial’, International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(12)

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