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Attualità

A una scuola romana, il primo premio Bruno Fantera, “Giusto tra le nazioni”

Daniele Sebastianelli

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Mino Moscati, sopravvissuto al rastrellamento di Roma nel ’43: “Questa iniziativa è importante perché ai bambini non vengono raccontate favole, ma storie vere”

È andato all’Istituto Comprensivo Regina Margherita – Scuola Gian Giacomo Baldini – il premio della prima edizione del concorso “Nonno Bruno, Giusto di San Saba” dedicato a Bruno Fantera, il “giusto tra le nazioni”, l’uomo che con il suo coraggio, il 18 ottobre del ’43, salvò la famiglia Moscati dalla deportazione durante il rastrellamento di Roma nella seconda guerra mondiale…

Mino Moscati, sopravvissuto al rastrellamento di Roma nel ’43: “Questa iniziativa è importante perché ai bambini non vengono raccontate favole, ma storie vere”

È andato all’Istituto Comprensivo Regina Margherita – Scuola Gian Giacomo Baldini – il premio della prima edizione del concorso “Nonno Bruno, Giusto di San Saba” dedicato a Bruno Fantera, il “giusto tra le nazioni”, l’uomo che con il suo coraggio, il 18 ottobre del ’43, salvò la famiglia Moscati dalla deportazione durante il rastrellamento di Roma nella seconda guerra mondiale.

Alla premiazione, lo scorso 16 aprile nel salone della parrocchia di San Saba, nell’omonimo quartiere romano, hanno presenziato Sabrina Alfonsi, Presidente del I Municipio, Paolo Masini, Vice presidente della Fondazione Museo della Shah, oltre al figlio di Bruno Fantera, Fabrizio e a Mino Moscati, membro della famiglia ebraica nascosta da Bruno. Numerosi i bambini che hanno partecipato alla premiazione, stimolati dal parroco, Padre Sergio, a raccogliere un pensiero che rappresentasse la lezione appresa da questo incontro. “Siamo tutti della stessa razza”, “La pelle non fa differenza”, “Quando si assiste ad un’ingiustizia non bisogna rimanere con le mani in mano”, sono solo alcune delle frasi più importanti che hanno colpito i bambini. Un incontro che è servito a riflettere su come superare l’ingiustizia, l’intolleranza e la discriminazione nella vita quotidiana.

Su idea dalla maestra di religione, Lucia D’Adamo, che ha deciso di iscrivere la scuola al concorso, la IV elementare della scuola Baldini ha realizzato un rotolo illustrato dai disegni dei bambini, dall’aspetto simile all’antica Torah ebraica. Un lavoro che ha coinvolto tutte le insegnati, (matematica, italiano, ecc) per veicolare i valori di solidarietà, non discriminazione, memoria storica, oltre allo spirito di squadra, che i ragazzi hanno potuto esprimere all’occasione.

Trattandosi della prima edizione del premio Fantera, è stato lo stesso Fabrizio Fantera a raccontare l’emozione di veder istituito un premio alla memoria del padre, dopo la lapide che il I Municipio ha voluto affiggere, nel gennaio 2018, presso la scuola Franchetti. “Questa iniziativa è importante per tutta la città, non solo per il Rione San Saba che è il luogo della storia. Per noi, per la mia famiglia, questa storia ha insegnato che mio padre benché fosse un piccolo grande lavoratore, una persona umile, con una formazione scolastica minima, è riuscito a mettere in moto un’energia straordinaria e da quando non è più con noi questa sua energia, questa forza è esplosa trainando i giovani e i bambini nella direzione del giusto, della giustizia, che si fa senza nulla pretendere”. “Mio padre – ha continuato Fabrizio – è figlio di questa terra. Eppure, non ci aveva mai raccontato nulla di questo suo atto di coraggio. Non si vantava. Sapevamo che aveva dato una mano. Mino, poi, ha ricostruito i fatti e mio padre è stato premiato alla Sinagoga di Roma nel settembre 2008”, ha raccontato con una piccola nota di rammarico. “Il premio gliel’ha dato lo Stato d’Israele. Attendiamo ancora che lo Stato italiano riconosca l’eroismo di mio padre e di tutti quegli italiani che sono stati i figli migliori”.

Aveva 14 anni, Mino Moscati, quando Il 16 ottobre del 43 avvenne il rastrellamento. “Riuscimmo a scappare – racconta – i miei genitori lasciarono le due figlie alle suore e il 18 ottobre bussammo alla porta di Bruno, in Viale Giotto. Restammo li 9 mesi. Bruno, aiutava anche altre due famiglie ebree che stavano a Porta Metronia, gli portava il pane. La sera del 4 giugno, i tedeschi fuggirono”. Oggi Mino ha 88 anni, ma è lucido e il suo racconto sembra quello di ieri. “Questa iniziativa è importante perché ai bambini non vengono raccontate favole, ma storie vere. Solo chi le ha vissute può dirlo. Solo chi ha vissuto la fame, quella vera, può capirlo. Io ho avuto anche un cognato e uno zio sopravvissuti ai campi di concentramento, per loro le bucce di patate erano una squisitezza, mangiare i pezzi di carbone, era un dolce”. Per questo, Mino, rivolto ai bambini ha ribadito: “I giusti sono le persone brave, quelli che hanno aiutato il popolo ebraico in quel momento”, perché “chi salva un uomo, salva un popolo”.

Lo stesso concetto è stato sottolineato da Paolo Masini, per il quale “se Mino non avesse incontrato sulla sua strada nonno Bruno, oggi non sarebbe qui a raccontarcelo. E questo è ancora più bello perché è una storia del quartiere”.

Ed è proprio del quartiere, che ha parlato Sabrina Alfonsi sottolineando l’importanza per il territorio di Roma della memoria. Già le pietre d’inciampo (opera di Gunter Demnig, un artista tedesco che le sta diffondendo in tutta Europa) sono state messe a ricordo della deportazione degli ebrei, ora con questo premio la memoria diventa pietra viva nel ricordo delle giovani generazioni. “È per questo che è importante fare iniziative già alle scuole elementari. Si cresce in una cultura, e se questa è fatta di questi principi, essi diventano naturali, vengono riconosciuti come giusti, si portano avanti e si insegnano. Il premio di questo concorso è un pranzo, in un ristorante che si chiama “Altrove” dove gli alimenti vengono comprati da aziende che si sono ribellate alle mafie. Dentro quel ristorante c’è il mondo migliore, come vorremmo che diventasse il nostro mondo”.

Le premiazioni hanno riguardato bambini della IV e della V elementare e i premi suddivisi in diverse categorie. La sezione parole, con un testo sul razzismo, la sezione immagini con un’opera dal titolo “Perché gli occhi parlano”, la sezione immagini e parole con un lavoro dal titolo “Il mio cuore è una Torah”.

La Scuola Gian Giacomo Baldini non è nuova ai concorsi e al metodo di coinvolgimento degli studenti attraverso dei progetti da realizzare. Numerose, infatti, sono le partecipazioni e le esperienze ludico-didattiche in cui i ragazzi, nel corso degli anni, vengono coinvolti (qui un’intervista alla maestra D’Adamo).

Comunicatore e giornalista. Mi occupo di informazione religiosa con particolare attenzione alle implicazioni etiche e sociali. Non mi interesso delle chiacchiere di palazzo. Cattolico (quindi) politicamente scorretto.

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Attualità

Creare poesia per promuovere la salute mentale: un progetto della ASL Roma 1

“Think poetic” è un progetto nato durante il primo lockdown del 2020 per non lasciare da soli i pazienti del centro di salute mentale del distretto 13 ASL Roma 1, oggi un laboratorio di poesia aperto anche al pubblico

Marco Matteoli

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“Il nostro obiettivo è promuovere la salute mentale nella comunità attraverso la poesia”. Con queste parole il Dott. Andrea Solfanelli, medico psichiatra e promotore del progetto, descrive “think poetic”, nato nel 2020 per andare incontro ai pazienti del CSM del distretto 13 della ASL Roma 1, rimasti chiusi in casa per il lockdown, o impossibilitati per altro motivo a recarsi fisicamente al centro di salute mentale.

Il progetto è iniziato con la condivisione di poesie autoprodotte attraverso una chat, e successivamente si è esteso, mediante appuntamento mensile, generalmente l’ultimo martedì del mese, nella biblioteca “Casa del Parco” su via Pineta Sacchetti, dove il dott. Solfanelli e la dott.ssa Isabella Cavicchia, infermiera e scrittrice, coordinano questa attività di gruppo, esortando, non solo gli utenti del CSM, ma anche la popolazione del municipio, a scrivere e condividere testi poetici e aprirsi al gruppo senza timore di giudizio. Una volta esposta la composizione, gli altri membri del gruppo possono commentare il brano o semplicemente esporre il proprio, questo permette di creare un flusso poetico che si autoalimenta con il contributo di tutti i membri.

Un progetto semplice e “sovversivo”, che scaturisce dall’esigenza di combattere l’isolamento imposto dal primo lockdown, e dal senso di alienazione vissuto dal 2020 in poi, in uno spazio in cui incontrarsi davvero e superare la solitudine. Si utilizzano le composizioni poetiche per lasciare fluire il proprio inconscio e superare i limiti imposti dalle parole di utilizzo comune; il risultato è trovare poesia anche in ciò che non ci si aspetta, anche nella verbalizzazione di malesseri interiori attraverso metafore, allegorie, iperboli, personificazioni o in qualunque altro tipo di figura retorica in grado di esprimere il non verbalizzabile.

Nel gruppo il flusso poetico è libero e mutevole, e ogni membro che mano a mano si aggiunge porta nuovi spunti, che siano storie, ricordi, aneddoti, sogni, si può parlare di se stessi oppure degli altri, al fine di incoraggiare il pensiero poetico, uno strumento in più a sostegno della salute mentale.

Per informazioni è possibile contattare il tel. 06/45460671 oppure la biblioteca casa del parco.

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A Solferino la fiaccolata dei 160 anni della Croce Rossa Italiana

Come ogni anno, la città di Solferino ha ospitato la fiaccolata dei volontari della Croce Rossa Italiana, quest’anno ad accendere la prima fiaccola è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Marco Matteoli

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Nel silenzio della notte si odono gemiti, sospiri soffocati pieni di angoscia e di sofferenza e voci strazianti che implorano soccorso. chi potrà mai dire le agonie di quella notte spaventosa! […] Non sarebbe opportuno, durante un periodo di pace e di tranquillità, costituire delle società di soccorso, il cui scopo fosse quello di provvedere alla cura dei feriti, in tempo di guerra, per mezzo di volontari solerti, disinteressati e ben qualificati per tale compito?” Con queste parole Jean Henry Dunant, raccontava della battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno 1859, nel pieno della II guerra di indipendenza italiana, all’interno del suo libro intitolato “un ricordo di Solferino”, pubblicato alla fine del 1862.

È proprio nel ricordo dei campi di battaglia, tra urla strazianti e i miasmi della belligerante disumanità che nacque l’idea di un’associazione di volontari, che con carattere di neutralità ed imparzialità potesse essere in grado di soccorrere i feriti sul campo di battaglia, da questa idea nacque, il 15 giugno 1864, a Milano, la Croce Rossa Italiana. Nella 1° Conferenza diplomatica di Ginevra (8-22 agosto 1864), venne poi sancita la neutralità delle strutture e del personale sanitario.

Ancora oggi dopo 160 anni i volontari della Croce Rossa si impegnano, in virtù dei sette principi fondanti, a sostenere i vulnerabili sia in ambito militare che in ambito civile. “Voglio ringraziarla per la sua opera quotidiana nel mettere al centro dell’agenda Internazionale la sua preoccupazione, che è anche la nostra, per i conflitti armati in corso e per la tragedia umanitaria a cui assistiamo” ha detto il presidente della Croce Rossa Italiana Rosario Valastro rivolgendosi al capo dello Stato Sergio Mattarella, che nel pomeriggio del 22 giugno ha dato di persona il via alla fiaccolata a Piazza Castello, Solferino, per onorare i 160 anni della Croce Rossa Italiana.

Nel frattempo, nella stessa giornata del 22 giugno, l’ufficio del Comitato Internazionale della Croce Rossa a Gaza è stato colpito da proiettili di grosso calibro in seguito a un bombardamento, il quale ha ucciso 25 persone e ne ha ferite almeno 50 , un evento che colpisce allo stomaco i principi stessi di questa associazione, è il caso di dire che “l’umanità si è fermata a Solferino.”

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Attualità

L’uso smodato degli smartphone può causare demenza nei giovani

Dal 2021 sono stati condotti centinaia di studi che correlano un utilizzo smodato e continuativo dello smartphone, superiore alle sette ore al giorno, a una riduzione del volume cerebrale negli adolescenti e nei giovani adulti.

Marco Matteoli

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Attualmente si stima che oltre 6 miliardi di persone sul pianeta utilizzino uno smartphone. Un numero incrementato vertiginosamente dal 2007, dopo la messa sul mercato dell’iPhone e della rivoluzione digitale mobile. Studi scientifici e ricerche biopsicosociali dimostrano che la sovra-stimolazione cronica, soprattutto nei cervelli adolescenziali in via sviluppo, sia correlata a un incrementato rischio di disordini cognitivi, emotivi e comportamentali, sia negli adolescenti che nei giovani adulti. E’ stato dimostrato, inoltre, che la sovraesposizione agli stimoli sensoriali digitali come quelli di smartphone – nello specifico attraverso attività di scrolling afinalistico sui social media soprattutto nei più giovani – determini effetti simili a quelli riscontrati negli adulti affetti da demenza lieve, come difficoltà di concentrazione, amnesia anterograda (difficoltà ad acquisire nuovi ricordi), difficoltà nella socializzazione e disturbi dell’umore.

L’associazione tra l’utilizzo problematico di internet e problemi strutturali della materia grigia cerebrale è stata riscontrata in molteplici studi, quello più importante, della Cambridge University del 2021, [1] ha osservato, che al confronto con una popolazione meno esposta ai social network, gli abusatori di digitale mostrano una significativa riduzione della materia grigia cerebrale in corrispondenza del giro del cingolo anteriore e della corteccia prefrontale dorso laterale. Reperti confermati con l’esame di risonanza magnetica, sia in studi caso controllo che in metanalisi della letteratura [2-3].

Uno studio pubblicato nel 2022 su “journal of integrative neuroscience” [4] ipotizza che il cervello dei ragazzi appartenenti alla Generazione Z (nati tra il 1995 e il 2015) sarà maggiormente soggetto a decadimento cognitivo e demenza in età avanzata rispetto le generazioni antecedenti come i Millennial (nati tra il 1980 e il 1994), la generazione X (nati tra il 1965 e il 1979) e i baby boomers (nati tra il 1945 e il 1964), e si ipotizza che entro il 2060 ci sarà un incremento di circa 4 o 6 volte di demenza precoce e disfunzioni cognitive di grado moderato. L’eccessivo screen time, ovvero un utilizzo dello smartphone superiore alle 6,5 ore al giorno, soprattutto in una popolazione avente il cervello in via di sviluppo, come quella degli adolescenti, può dunque causare veri e propri casi di “demenza digitale”, oltre ad essere associato a un incremento dell’impulsività, craving per il cibo [5], senso di isolamento, riduzione del tono dell’umore, declino della memoria e della plasticità cerebrale, riduzione della soglia dell’attenzione e veri e propri casi di dipendenza dallo strumento. Come ogni dipendenza, tuttavia, è stato anche studiato [6] che almeno sette giorni di “digital detox” possono ridurre il senso di FOMO (Fear of missing out), migliorare il tono dell’umore e le capacità relazionali.

In una società pervasa oramai dall’utilizzo di social media e intelligenza artificiale, è importante ribadire quanto sia necessaria una consapevolezza profonda nell’utilizzo di queste tecnologie, che non vanno demonizzate, tuttavia non deve neanche essere sottovalutato il tangibile rischio di avere, tra vent’anni, una pletora di quarantenni affetti da demenza precoce.

Fonti:

[1] Solly, J.E. et al. (2021) ‘Structural gray matter differences in problematic usage of the internet: A systematic review and meta-analysis’, Molecular Psychiatry, 27(2), pp. 1000–1009.

[2]Montag, C. and Becker, B. (2023) ‘Neuroimaging the effects of smartphone (over-)use on brain function and structure—a review on the current state of MRI-based findings and a roadmap for future research’, Psychoradiology, 3.

[3]Lee, D. et al. (2019) ‘Lateral orbitofrontal gray matter abnormalities in subjects with problematic smartphone use’, Journal of Behavioral Addictions, 8(3), pp. 404–411.

[4] Manwell, L.A. et al. (2022) ‘Digital Dementia in the internet generation: Excessive screen time during brain development will increase the risk of alzheimer’s disease and related dementias in adulthood’, Journal of Integrative Neuroscience, 21(1), p. 028.

[5] Filippone, L., Shankland, R. and Hallez, Q. (2022) ‘The relationships between social media exposure, food craving, cognitive impulsivity and cognitive restraint’, Journal of Eating Disorders, 10(1).

[6] Brown, L. and Kuss, D.J. (2020) ‘Fear of missing out, mental wellbeing, and social connectedness: A seven-day social media abstinence trial’, International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(12)

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