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Attualità

Charlie Gard: è accanimento eutanasico

Daniele Sebastianelli

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Nessun trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma se non verrà applicata la sentenza

La Direttrice: ”Chiaramente abbiamo risposto di no”

Un vero e proprio accanimento eutanasico. Non può essere definita altrimenti la risposta del Great Ormond Street Hospital all’offerta dell’ospedale romano Bambino Gesù di valutare la possibilità del trasferimento del piccolo Charlie Gard da Londra a Roma…

 

Nessun trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma se non verrà applicata la sentenza
La Direttrice: ”Chiaramente abbiamo risposto di no”

Un vero e proprio accanimento eutanasico. Non può essere definita altrimenti la risposta del Great Ormond Street Hospital all’offerta dell’ospedale romano Bambino Gesù di valutare la possibilità del trasferimento del piccolo Charlie Gard da Londra a Roma. “Se noi fossimo disposti a eseguire la sentenza della Corte Suprema l’ospedale inglese potrebbe accettare il trasferimento di Charlie a Roma” ha detto la direttrice del Bambino Gesù, Mariiella Enoc, all’agenzia Ansa che riferisce anche gli stretti contatti tra l’ospedale, la Farnesina e alcune cliniche americane per trovare una soluzione che salvaguardi la vita del piccolo Charlie e i diritti dei genitori. I quali hanno dato già il loro placet all’offerta romana per il figlio. “La Farnesina – ha aggiunto la direttrice – ha ottenuto la stessa risposta che l’Ospedale di Londra ha dato a noi. Loro non possono trasportare il bambino a meno che non applichiamo il protocollo indicato dalla Suprema Corte, che prevede di non praticare nessuna cura al bambino e di staccare la spina”. “E’ ovvio – ha ribadito – che abbiamo risposto di no”.

 Dunque Charlie “deve“ morire. E deve farlo soffocando nel suo lettino senza ossigeno, né cibo, né acqua perché questo prevede la sentenza. Il distacco della respirazione artificiale e la sospensione contestuale di idratazione e alimentazione. La decisione è chiara. Non si pensa al bene del bambino, al suo diritto alla vita o al diritto dei genitori di decidere per lui, ma solo ad applicare la sentenza. Sta venendo sempre più allo scoperto l’intenzione neanche troppo velata che si sospettava fin dall’inizio. Charlie deve essere il simbolo della nuova umanità costruita in nome della “qualità della vita” ritenuta degna o non degna di essere vissuta.

 Il tutto, poi, in queste ore concitate in cui lo stesso ospedale Bambino Gesù, è riuscito a trovare un protocollo medico sperimentale che sembra possa dare a Charlie le cure adatte al suo caso. Non è guaribile, si è detto da più parti, ma questo non significa che non sia curabile. È un obbligo morale garantire ad ogni essere umano i sostegni vitali e le cure ordinarie. Ancora più doveroso quando si parla di soggetti così fragili come i bambini ai quali vanno date particolari attenzioni.

Tuttavia sono molti – anche in casa cattolica – che definiscono il caso di Charlie “complicato” e la decisione “non facile”. Alcuni arrivano a definire la sua situazione come accanimento terapeutico. Eppure il discorso non verte sulle terapie per curare Charlie (cui vanno garantite comunque tutte le cure ordinarie del caso), ma sul distacco del respiratore che lo tiene in vita. È questo il punto saliente. Una macchina che gli fornisce l’aria per vivere e che dunque compie perfettamente il fine per cui è pensata ed usata. Staccare Charlie da quella macchina sarebbe come privarlo dell’alimentazione e dell’idratazione, ossia privarlo di un sostegno vitale a lui necessario. La Congregazione per la Dottrina della Fede, nel 2007, in risposta ad un quesito posto dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti sull’alimentazione e l’idratazione, li definiva come moralmente obbligatori perché considerati non come terapie, ma quali “mezzi ordinari e proporzionati di conservazione della vita”. Dunque dei mezzi di sostegno vitale. La Congregazione, in quell’occasione non spese parole per la respirazione artificiale, ma solo perché si limitò a rispondere puntualmente ad un quesito specifico, ad una domanda che trattava solo quel punto. Chiunque sa, che per dare la retta interpretazione ad una risposta, e trarne un principio generale, non bisogna fermarsi al caso strettamente trattato ma cercare di capire la ratio (cioè la ragione, il motivo fondante) sottesa nella risposta. Il principio in base al quale l’azione diventa giusta o moralmente ingiusta. Ogni sostegno vitale che raggiunga il suo scopo, è da ritenersi intoccabile al fine di preservare la vita, questo è il senso.

 Nel caso di Charlie è del tutto evidente, per analogia, che bisogna considerare la respirazione artificiale come sostegno vitale. Senza ossigeno non è possibile vivere. L’uomo ha bisogno di respirare, mangiare e bere. Il distacco volontario da parte dei medici, infatti, non equivarrebbe alla sospensione di una terapia inefficace, ma causerebbe la morte immediata di Charlie per soffocamento, configurandosi come un atto di eutanasia attiva. Talmente evidente che anche la direttrice del Bambino Gesù non ha tentennato un attimo ad affermare il proprio rifiuto di applicare la sentenza: “abbiamo detto di no”.

 D’altra parte, la maggioranza delle persone hanno preso a cuore questa triste e delicata vicenda e già da giorni si moltiplicano le manifestazioni di affetto e di solidarietà al piccolo Charlie e ai suoi genitori in numerose città del mondo e soprattutto in Italia. Soprattutto dopo che la mamma ha dichiarato: “Se Charlie continuerà a lottare, noi lotteremo con lui”.

 Sono infatti pressoché continui gli appelli sui social al Parlamento inglese, alle istituzioni europee e ai responsabili de Great Ormond Street Hospital chiedendo a gran voce di non spegnere la vita, né tradire il diritto, né uccidere la speranza.

Comunicatore e giornalista. Mi occupo di informazione religiosa con particolare attenzione alle implicazioni etiche e sociali. Non mi interesso delle chiacchiere di palazzo. Cattolico (quindi) politicamente scorretto.

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Attualità

Sicilia vacanti Il primo album di Alessandro D’Andrea Calandra

Redazione Foritalynews

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S’intitola “Sicilia vacanti” il primo album dell’agrigentino Alessandro D’Andrea Calandra che con questo lp si affaccia nel modo discografico italiano. Lo fa con un disco scritto in dialetto, dando libero sfogo allo stile musicale che meglio definisce la sua terra natia. Un genere ethno-folk che risente della tradizione culturale siciliana, affondando le radici in un passato remoto fatto di storie da raccontare.

Storie vissute, ascoltate e che, nelle tracce di Sicilia vacanti, diventano quadri cangianti dai colori speziati, spargendo profumi antichi. Pregni di sapori atti a contraddistinguere un’epoca. Storie di immigrazione, di viaggi, di coraggio, di persone che affrontano disavventure ritrovando la loro terra o combattendo per essa.

I brani del nuovo album di Alessandro D’Andrea Calandra danno voce alle persone che nella sua Sicilia hanno vissuto e lottato in questi frangenti musicali. “Sicilia vacanti”; “Èuno”; “L’Isola di Allah”; “Danza saracina chista sira!”; “Federicu (gioia di lu munnu)”; “L’avemooh hoonkya dance”; “Cumpagna Luna”; “Cori fa’ la vovò”; “Si ‘u munnu fussi amuri”; “Cugliemuli sti spichi!” sono la tracklist di un “progetto d’amore”.

Le parole intersecano una musica soave ed etnica, capace di far viaggiare la mente dell’ascoltatore in quei meandri storici. Ci si addentra negli orizzonti dispersi di un passato lontano. Palermo, Agrigento, l’impero bizantino, i Saraceni. Immagini storiche che descrivono un mosaico di suoni pronto ad ergersi difronte a noi mostrando la realtà di un popolo caparbio. Un popolo fiero che ha messo le sue radici in quel tempo e che in quelle immagini rivede sé stesso.

Alessandro D’Andrea Calandra pubblica “Sicilia vacanti”. Un disco inedito fatto di canzoni che, prese nel loro insieme, diventano le splendide figure di unico quadro dipinto a mano dall’artista.

Segui Alessandro D’Andrea Calandra su FB / IG / TT / YT

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Attualità

Primavera, e la moda torna a scegliere il fiore

Da millenni l’abito femminile ha fatto proprio in varie forme questo delicato decoro

Gloria Gualandi

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I vestiti a fiori tornano protagonisti dei look di stagione. Lo segnala Elle, che parla di charme in boccio. Spiega che i vestiti ultra bouquet vanno arricchiti con camperos, tweed e accessori infiorettati a dovere.

La tendenza floreale della moda Primavera Estate sboccia sulle passerelle in uno spettro ampissimo che va dagli abiti stampati – come quello con gonna a corolla di Dior o la creazione Comme des Garçons – all’anturium dress di Loewe in cui l’abito è il fiore stesso. E poi – racconta ancora Elle – ecco vestiti con ricami e applicazioni floreali 3D dal rosso Bottega Veneta al nude dress in stile primavera botticelliana di Acne Studios fino ai boccioli décor che fioriscono sulle tote bag Prada: le collezioni Primavera Estate sulle passerelle interpretano cosi la tendenza floreale.

Guardando indietro nel tempo – come invita a fare dal canto suo Harper Bazaar – la tendenza a integrare i fiori di tessuto nel proprio guardaroba proviene dall’antico Oriente: 1500 anni fa le donne cinesi che frequentavano il Palazzo Imperiale si agghindavano i capelli con preziosi fiori in seta, poi la moda passò alla nobiltà cinese, al Giappone, alla Corea e, infine, grazie all’apertura di nuove rotte mercantili, approdò anche in Occidente. In Italia dei fiori di seta si iniziano ad avere tracce a partire dal XII secolo. Da qui viaggiarono per tutta Europa per poi mettere radici in Francia, prima di tornare a migrare verso l’Inghilterra e poi l’America. Per un po’ di tempo se ne persero le tracce, finché le rosette non iniziarono a comparire sulle scarpe della nobiltà del XVI e XVII secolo, quando l’aristocrazia le accompagnò con fiocchi e nastri sgargianti per decorare l’allacciatura. Godettero poi di un periodo particolarmente florido in età vittoriana, verso la fine del 1800: drammatici e intrisi di una bellezza decadente, i fiori di seta, soprattutto se tinti di nero, si sposarono bene con le atmosfere cupe del tempo e con la moda gotica che iniziò a mettere radici.

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Attualità

“Passioni in Fiera” un successo che cresce

Conclusa con grande successo la due giorni di eventi e di forti attrazioni nel Quartiere Fieristico aretino

Paolo Castiglia

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“Un viaggio nel tempo, con le testimonianze e gli oggetti del passato, e nel futuro con le innovazioni presenti in tutti i settori”. Per Ferrer Vannetti, presidente di Arezzo Fiere e Congressi la appena conclusa quarta edizione di “Passioni in Fiera” che ha catalizzato l’attenzione generale nello scorso weekend, è stata per le famiglie, gli operatori e i protagonisti che vi hanno preso parte “come entrare in una scatola delle meraviglie: ai visitatori che varcavano la soglia si apriva un caledoscopico universo fatto di colori, profumi, sapori, e soprattutto di persone che si dedicano con grande amore alle loro attività, e si impegnano per trasmettere la loro passione sal pubblico con un grande coinvolgimento”.

Si è trattato infatti di una due giorni di grandi passioni e divertimento per tutti, un altro fine settimana di grandi eventi di forti attrazioni al quartiere fieristico di Arezzo Fiere con oltre 13.000 presenze fra Passioni In Fiera e la mostra del Fumetto e del Disco. Visitatori aretini e non solo, erano molti quelli provenienti da un ampio bacino della Toscana, Umbria, Lazio e Marche.

Ma ovviamente, spiega ancora Vannetti, “Arezzo Fiere non si ferma qui: concluso questo week end con feedback positivi sia da parte degli espositori che dal pubblico intervenuto – spiega il presidente – Arezzo Fiere si concentra fin da subito sugli appuntamenti delle prossime settimane, tra cui quello con il Calcit del 22-23-24 marzo, per poi proiettarsi verso la 43esima edizione di OroArezzo, la nostra storica Fiera Internazionale dell’Oreficeria, organizzata da Italian Exhibition Group nei nostri rinnovati spazi espositivi dall’11 al 14 maggio prossimi.

Tornando a Passioni in Fiera, mai nome è stato scelto in modo più appropriato: si è vista tanta passione accendersi negli occhi del pubblico, adulti e bambini, grazie alle persone che ad Arezzo Fiere hanno portato e condiviso con generosità una parte importante della loro vita. Il bilancio è quindi molto positivo per gli organizzatori e per l’Ente Fieristico aretino, e non solo per i grandi numeri dell’afflusso di pubblico, ma anche perché erano rappresentate all’interno degli spazi fieristici davvero molte categorie: dalla floricoltura, al vivaismo, alla ceramica, all’artigianato artistico, ai prodotti e servizi per l’outdoor, per la casa e il giardino. Catalizzatore di interesse ed attenzione è stata sicuramente l’area dedicata alla Fattoria, con splendidi esemplari di avicoli ornamentali, alpaca, equini e bovini, da poter osservare da vicino e, con il permesso dell’allevatore, accarezzare.

L’intrattenimento per bambini ha visto continuativamente nei due giorni impegnato il parco avventura. Le altre attività, presentate nell’area sportiva, e proposte a tutti quelli che volevano cimentarsi, tra cui Il kartodromo, il pattinaggio, ballo e arti marziali orientali, sono state organizzate da Arezzo Fiere in collaborazione con la UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), Associazione di promozione sportiva che vuole affermare il valore sociale dello sport, bene sociale che contribuisce alla salute e alla qualità della vita. Importante è stata anche la presenza del terzo settore, che ha fatto conoscere al pubblico le loro attività sociali e di inclusione.

Ricca e variegata anche l’area Food, con proposte di cucine tipiche dall’Italia e dal mondo, e con l’offerta di birre artigianali che hanno permesso di aggiungere un momento di convivialità e piacere alle giornate trascorse in Fiera. Molto frequentato anche il nuovo padiglione “Nirvana”, un vero e proprio viaggio nel mondo olistico e del benessere con Expo di artigianato e bio, area relax, con trattamenti olistici e un percorso dedicato al mistero e alla magia. Durante l’evento si sono tenute anche conferenze gratuite, workshop e meditazioni per il sé interiore. Vivissima soddisfazione anche per gli organizzatori della Mostra del Fumetto che organizzano ad Arezzo, ormai stabilmente, due appuntamenti l’anno con davvero ottime risposta dagli operatori e dagli instancabili collezionisti.

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