Connect with us

Cultura

Professione e deontologia

Collaboratori occasionali

Pubblicato

il

Diffamazione a mezzo stampa: prospettive di riforma legislativa

Pende la spada di Damocle della reclusione, nonché della querela con la richiesta di risarcimenti esorbitanti, che possono influire sia sulla qualità dell’informazione che sulla libertà di stampa…

Intervento di Gino Falleri, vicepresidente dell’ordine dei giornalisti del Lazio e presidente del gruppo Giornalisti Uffici Stampa, in occasione del convegno “La diffamazione a mezzo stampa: prospettive di riforma legislativa” svoltosi nella Sala della Protomoteca, in Campidoglio, il 6 settembre 2017, patrocinato dall’Assemblea Capitolina, organizzato in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Roma e l’Ordine Giornalisti del Lazio.

di Gino Falleri

Ringrazio l’avvocato Marcello De Vito, presidente del Consiglio Comunale della Capitale per l’ospitalità, l’avvocato Mauro Vaglio e il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma per aver avuto l’amabilità di invitarmi ad essere presente, ed indirettamente l’Ordine dei Giornalisti del Lazio, ad un convegno che tratta “un argomento oltremodo sensibile” per i giornalisti e di poter offrire una testimonianza su Deontologia e professione giornalistica. Un convegno che ha il pregio di avvalersi della qualificazione professionale, della dottrina e dell’esperienza di autorevoli ed illustri relatori.

L’Ordine dei giornalisti è molto interessato al tema del convegno, come peraltro il Gruppo Giornalisti Uffici Stampa, il GUS. Pertanto mi sia consentito di esprimere una breve considerazione sul reato della diffamazione a mezzo stampa: per chi esercita la professione costituisce l’incidente sul lavoro foriero di non pochi danni.

Pende la spada di Damocle della reclusione, nonché della querela con la richiesta di risarcimenti esorbitanti, che possono influire sia sulla qualità dell’informazione che sulla libertà di stampa. Termine quest’ultimo coniato nel 1735 dall’avvocato Andrew Hamilton nel difendere John Peter Zenger, direttore del The New York Weekly Journal, dalle accuse formulate a suo carico dal governatore di New York, William Colby, guarda caso proprio per il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Chi scrive articoli dovrebbe rammentare che esistono delle regole fissate dall’articolo 2 della legge 69/63, tra cui il rispetto della verità sostanziale dei fatti, ed il Testo unico delle carte dei doveri. Nello stesso tempo, è bene non dimenticarlo, chi si sente leso da uno scritto, la responsabilità penale è soggettiva, spesso non ritiene sufficiente una semplice rettifica. Il danno deve essere monetizzato.

Il tema da illustrare ed approfondire in questa sede, come accennato, è deontologia e professione giornalistica. Sarebbe opportuno invertire l’ordine degli argomenti da trattare poiché, come attestano i matematici, il risultato sarà sempre lo stesso. I motivi per invertire ci sono. Si può anticipare che la professione, ovvero il giornalismo, muta con una velocità impressionante. Per la diffusione delle tecnologie digitali il singolo non è più uno spettatore inattivo. Diventa un potenziale produttore di contenuti. In questa specie di riforma copernicana, come ha riferito Sergio Splendore nel suo recente saggio, si aggiunge il giornalista ibrido. Si affianca al citizen journalist, al blogger e al drone journalism.

Tutto questo non dovrebbe incidere negativamente sulla circostanza che nel nostro Paese l’informazione è considerata un servizio di preminente interesse collettivo, ma deve fare i conti con la crisi in atto, che vede prestigiose ed antiche testate chiudere i battenti, riorganizzazioni aziendali e trasferimenti in altre sedi. Pertanto qualche perplessità esiste, come i problemi che sta creando. In parole povere tutti sul mercato e più avanza la tecnologia se ne aggiungeranno degli altri.

La scienza ha anche creato i robot, non dimenticando il film Io e Caterina interpretato da Alberto Sordi. Sull’argomento è uscito di recente su La Stampa un pezzo di Maurizio Molinari, che riporta l’opinione di Robert Shiller, Nobel per l’Economia 2013. Il premio Nobel vede nel debutto dei robot casalinghi il processo di “sostituzione del lavoro comune”

Può avvenire anche per il giornalismo?

Il preambolo spinge verso un altro aspetto del giornalismo o meglio del maggiore e più conosciuto veicolo: riguarda il giornale cartaceo, la preghiera mattutina dell’uomo moderno secondo Hegel. Se sopravviverà nella forma in cui lo conosciamo, tabloid o lenzuolo, e negli abituali contenuti o lascerà il posto a quello on line, al digitale. Inoltre se la previsione, a suo tempo formulata da Philip Mayer, docente alla Università della North Caroline, si avvererà, l’ultima copia del giornale cartaceo dovrebbe essere posta in vendita nell’aprile 2043.

Il sistema italiano dell’informazione fa parte del modello Mediterraneo: pluralista polarizzato, come hanno ritenuto di inquadrarlo Paolo Mancini e Daniel Hallin nei Modelli di giornalismo: mass media e politica nelle democrazie occidentali. E’ orientato al commento, ha beneficiato e beneficia dei sussidi economici erogati dallo Stato. Manca la presenza di un editore puro mentre esiste una miriade di piccoli giornali a garanzia della pluralità delle voci. In buona parte omologate acriticamente sui temi d’importanza nazionale e lo stesso risulta per la grande stampa d’informazione ed opinione.

Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani nel 1974 hanno dato alle stampe Razza Padrona. In un capitolo del libro hanno riferito che gran parte delle aziende editrici di giornali quotidiani erano ferme a “trent’anni prima”: Scarsa diffusione. Modesto il prestigio salvo pochissime eccezioni e altrettanto modesta l’indipendenza. Sergio Staino, ex direttore de L’Unità, ha ritenuto opportuno richiamare l’attenzione sull’indipendenza dei giornali: se vogliamo fare un minimo di analisi, cominciamo a dare alle parole il loro significato corretto. Tutti i giornali, e da sempre, sono giornali di partito, tutti si spacciano da indipendenti, in pratica quasi nessuno lo è.

Il New York Times, dopo lo scandalo del Watergate Hotel conclusosi con le dimissioni di Richard Nixon da presidente degli Stati Uniti, ha rimarcato, per chi lo avesse dimenticato, che il giornalismo è una professione al servizio degli amministrati e non degli amministratori.

La situazione odierna in cui si dibatte l’industria della notizia, come l’ha definita Giuliana Del Bufalo già segretaria della Fnsi, vede ogni giorno diminuire il numero delle copie vendute e una costante riduzione delle inserzioni pubblicitarie, nasce da lontano. Come la crisi economica. E’ al di là dell’Atlantico che l’editoria è entrata in crisi. Morte di testate di lunga storia, riduzione un po’ ovunque dei posti di lavoro redazionali, perdita di valore per le azioni di potenti gruppi editoriali.

Fra le testate allora in difficoltà ci sono nomi famosi: non solo The New York Times ma anche The Washington Post, oppure i britannici The Financial Times e The Daily Telegraph, per non dire dei francesi Le Monde, che ha ripreso quota grazie alle intuizioni di Matthieu Pigasse, e Liberation.

 Il Consiglio nazionale dell’Ordine, non esente da censure per le sue interpretazioni, nel 1974 ha messo in circolazione un suo libro dal titolo L’Ordine dei giornalisti, dove si asseriva che i giornalisti costituivano “una categoria fortemente politicizzata”.

Sulla loro indipendenza qualche dubbio esiste. Di certo sono in disuso le tre I, indipendente, irriverente e indisponente. Sempre Paolo Mancini, docente universitario e coautore del libro citato, in una relazione tenuta all’inizio degli anni Novanta, ha sottolineato che in Italia non si è mai affermato quel modello di giornalismo liberal-borghese che si colloca in posizione autonoma tra cittadini e potere.

All’inizio è stato accennato che esistevano motivi per una inversione. Qualcosa è stato già riferito e riguarda pure la deontologia. La professione di giornalista soffre di elefantiasi e di un sovrabbondante bagaglio deontologico. Troppi addetti rispetto all’offerta: secondo i dati del Consiglio nazionale sarebbero circa 110mila mentre i posti offerti dal mercato circa 50 mila. L’Agcom nel suo rapporto sullo stato di salute del giornalismo, ha riferito che è caratterizzato da un marcato invecchiamento, da barriere all’ingresso per i più giovani e da un gender gap. sia negli aspetti remunerativi, sia nel transito verticale da posizioni inferiori.

Può essere più rispondente alle necessità una Associazione professionale riconosciuta secondo il modello europeo o un Ordine? E’ solo un interrogativo.

Uno dei motivi per l’inversione si riferisce al Trattato di Lisbona e riguarda il pluralismo dell’informazione. Costituisce uno dei principi fondanti dell’Unione europea mentre il secondo riguarda la deontologia, soprattutto per certi titoli che appaiono nelle prime pagine ed il primo comma dell’articolo 21 della Costituzione.

Le sue carte dei doveri, forse troppe per il giornalista e quasi ingiustificate per i nostri partner europei, che ne hanno una sola. E’ meno anziana rispetto all’etica, che, come tutti sanno, è lo studio sulla condotta dell’uomo. Tuttavia etica e deontologia non sono altro che le stelle polari di chi esercita la professione di giornalista.

Un terzo si riferisce agli addetti. L’Italia, oltre ad essere il paese degli ordini professionali, è il paese dei giornalisti: uno ogni 526 abitanti, da Guinness dei primati. E questo, ripeto, grazie alle improprie interpretazioni del Consiglio nazionale, senza alcun avallo di chi esercita l’alta vigilanza, e della sua giurisprudenza, che privilegia la prestazione. Innovano ed innovando lievita il numero degli iscritti all’albo, che vanno ad incrementare l’area dei precari creando, così, ulteriori problemi al Sindacato unitario.

Non è ricca di cespiti. Gli articoli dei collaboratori, al di là di alcune isole felici, vengono compensati con pochi euro, talvolta calcolati in centesimi a riga. Non da oggi. Fin dal 2006 la Fnsi si era soffermata sui compensi, pubblicando il Libro bianco sul lavoro nero. L’equo compenso, ha come punto di riferimento la Carta di Firenze, è una specie di chimera. Aumenta il lavoro autonomo sottopagato, tanto da diventare una grande sacca di precariato. Il reddito medio dei giornalisti dipendenti è superiore di 5,4 volte quello della libera professione.

Pochi soldi ma molti rischi. Sono i numeri ad attestarlo. E’ sufficiente collegarsi con Giornalistitalia, il quotidiano online diretto da Carlo Parisi, per avere il quadro della situazione. I rischi sono come i grani di un rosario. Le zone più pericolose il Messico, gli assassini sono all’ordine del giorno, l’Egitto, che deve ancora spiegare il caso Regeni, il Sudan e la Turchia. La vita dei cronisti e dei freelance non vale molto. Nella Corea del Nord si condanna a morte per aver insultato la dignità del Paese. In Egitto è stato oscurato il sito di Reporter sans frontières, in Turchia undici giornalisti sono in carcere con l’accusa di essere dei golpisti. Sono solo alcuni esempi. Si possono infine ricordare Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutoli, Veronica Guerin e Anna Politkovskaja, assassinate sul fronte della notizia.

Per via dei rischi che incombono sulla professione è stata inserita, per la prima volta, la sicurezza personale dei giornalisti nell’agenda dei lavori del 29° congresso dell’International Federation of Journalists, svoltosi nel passato giugno in una cittadina della Valle della Loira.

L’Osservatorio di Ossigeno per l’informazione riferisce che nei primi 212 giorni di quest’anno 200 giornalisti sono stati oggetto di avvertimenti, aggressioni, danneggiamenti e chiamate in giudizio. Nello stesso tempo spingono a formulare una domanda, che richiederebbe una risposta. Etica e deontologia sono sempre rispettate da coloro che informano tramite gli attuali mezzi di divulgazione? Senza alcuna intenzione di impartire una lezione è sufficiente, in questa sede, ricordare che l’etica è da attribuire ad Aristotele e a lasciare ai posteri alcuni testi. Uno di questi è l’Etica Nicomachea, la cui autenticità è stata messa in dubbio nell’antichità dal grande Arpinate.

Il resto, le norme di comportamento, l’hanno incominciato ad edificare chi aveva il compito di redigere gli Avvisi, i Corantos, le Gazzette, alle volte in livrea per motivi di cassetta e per non perdere la concessione, e i quotidiani. Il primo quotidiano che ha messo in pratica le regole deontologiche fissate nel 1690 da Benjamin Harris – controllo delle notizie, riparare gli errori e rettificare – è stato il primo quotidiano inglese il Daily Courant messo in vendita nel 1702.

Samuel Buckley, che ne era il direttore, ha il merito di aver pubblicato, come riferisce Alberto Bergamini ne La democrazia della stampa, un Advertisement, che “viene ritenuto la prima esposizione organica di deontologia professionale della storia del giornalismo”. Poi è entrato in scena Jeremy Bentham con un saggio pubblicato postumo e rimaneggiato da Bowring dal titolo Deontology or science of morality e successivamente i giornalisti della Galizia nel 1896 con la prima Carta dei doveri.

Per quanto ci riguarda è l’ultima parte del Novecento con Informazione e Pubblicità. Il Consiglio nazionale ne ha varate diverse, tanto che ha dovuto selezionarle ed inserirle in un Testo unico. Non è stato tralasciato niente: rifugiati, detenuti, fanciulli, uffici stampa, equo compenso, giornalismo sportivo, economico e via di seguito. Comunque il giornalismo fonda le sue radici su tre verbi: andare, vedere e raccontare e i giornalisti sono gli storici dell’istante, secondo la definizione di Albert Camus, possibilmente terzi, si aggiunge. Il loro padrone, come affermava Indro Montanelli,  è il lettore.

Gli articoli che seguono sono scritti da collaboratori, a vario titolo, della testata. Alcuni, occasionalmente, scrivono ancora. Altri non più.

Continua la lettura
Clicca per commentare

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cultura

Cortale: gemma sui due mari tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace

Gloria Gualandi

Pubblicato

il

Magnifiche nicchie di storica italica bellezza. Cortale è una di queste: è un paese situato nella parte più stretta della Calabria, su una collina che domina vaste pianure e suggestive vallate, con una bellissima vista aperta sui due mari, tra il Golfo di S. Eufemia e quello di Squillace.

Il centro storico, nonostante il terremoto del 1783 e quello del 1905, ancora oggi è testimonianza del passato e l’antica atmosfera può essere assaporata passeggiando tra i vicoletti sovrastati da tunnel in pietra tufacea del posto o risalendo le gradinate che caratterizzano il pittoresco borgo. La storia di Cortale lunga quasi mille anni, ebbe inizio quando alcuni monaci, seguaci di San Basilio, si stanziarono intorno al 1070 nel “declivo del Carrà”, territorio molto fertile e ricco di sorgenti d’acqua e qui fondarono il Monastero dei SS. Anargiri Cosma e Damiano. L’Abbazia dei monaci Basiliani costituì il nucleo dell’origine del paese. Nel corso degli anni Cortale divenne uno dei ‘casali’ del feudo di Maida che dal 1272 al 1331 appartenne alla famiglia dei San Licet e poi a diverse casate. Nel 1795 passò ai Ruffo di San Lucido fino al 1806, anno in cui fu abolita la feudalità dalle leggi napoleoniche. Con l’istituzione dei Comuni Cortale divenne capoluogo del Circondario comprendente Jacurso, Vena e Caraffa.

Cortale è definito il paesino del dialogo dove ci sono ancora persone che parlano e si incontrano nella famosa piazza chiamata le villette: si può definire un raro paesino calabrese dove esiste una pasticceria con dolci speciali un locale di ritrovo del mitico Michele e una serie di viuzze con case stile Amarcord. Ma non tutto è fermo alla storia: dalla provincia di Catanzaro arriva un nuovo Presidio Slow Food: i fagioli di Cortale. Anzi, in un certo senso ne arrivano cinque, perché tanti sono gli ecotipi di questo legume interessati dal progetto. Parlando di fagiolo cortalese, infatti, intendiamo cinque diverse varietà: la reginella bianca, detta “ammalatèddha”, la reginella gialla, la cannellina bianca – o rognonella per la forma simile a un rene – la cocò gialla, nota anche come “limunìdu” e la cocò bianca. Ottima quindi la pasta e fagioli, insieme al peperoncino di Soverato.

Continua la lettura

Cultura

Donna, Madre e Arte fuse nelle fotografie di un Maestro

Dall’8 al 19 maggio all’interno del Corner del MAXXI di Roma la mostra fotografica ThroughHerEyes – TimelessStrength di Max Vadukul

Paolo Castiglia

Pubblicato

il

“Abbiamo voluto dedicare questo progetto artistico alla forza senza tempo delle donne per indurre maggior rispetto verso il mondo femminile. Sono stata orgogliosa di aver interpretato i mille volti delle donne poiché con queste opere vorrei ricordare a tutte noi quanto siamo eccezionali, versatili, forti, camaleontiche. La donna è sempre stata, e lo é ancora, nel centro della società, nel centro della famiglia. E’ quella che, nonostante tutte le difficoltà della vita, ha sempre amore dentro, è sempre pronta a creare il bello, a creare la vita e a portare la luce e il sorriso. Dobbiamo sempre ricordare di questo grande amore che abbiamo dentro e dobbiamo condividerlo”.

Sono parole della Musa ispiratrice, e grande protagonista della mostra, la top model Ludmilla Voronkina Bozzetti, pronunciate in vista della presentazione appunto della mostra fotografica ThroughHerEyes – TimelessStrength, del Maestro contemporaneo Max Vadukul, evento che rappresenta un tributo alla figura della donna e che – dopo il grande successo di Dubai e Milano – arriva nella Capitale dall’8 al 19 maggio prossimi, all’interno del Corner del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo di Roma.

“ThroughHerEyes” è un viaggio in 40 scatti in bianco e nero nell’eterno femminile: l’attento sguardo dell’artista attraversa i secoli e le tradizioni in una rappresentazione della donna in costante rapporto con i ruoli che ricopre in società e con il proprio mondo interiore. Protagonista della sua ultima ricerca artistica è appunto Ludmilla Voronkina Bozzetti.

La mostra si aprirà nella Capitale alle soglie della giornata dedicata alla Festa della Mamma, una delle molteplici sfaccettature del mondo femminile celebrate da Max: la madre dei ricordi di ieri, la madre nel mondo di oggi e il volto delle madri del domani. L’esposizione al MAXXI di Roma è resa possibile grazie al supporto di Banca Ifis, main sponsor dell’iniziativa. La challenger bank, specializzata nel supporto alle Piccole e medie imprese del Paese, è attiva nel sostegno al mondo dell’arte attraverso il “Ifis art”, il progetto che raccoglie tutte le iniziative in campo artistico della Banca.

“L’idea è ispirata totalmente e al 100% dalla mia storia e da un’unica donna, Ludmilla”, dichiara Max Vadukul, che continua: “Dietro il mio obiettivo, sono sempre vigile, il mio occhio è curioso, i miei riflessi rapidi, ma tutto volto alla scoperta dell’unicità del soggetto che ho davanti. Ho recentemente avuto il privilegio di catturare un soggetto che era insolitamente silenzioso, ma dominava il set con la sua presenza imponente. Man mano che ho appreso di più su Ludmilla, sono stato affascinato e ispirato a progettare una storia d’Arte Fotografica interamente intorno a lei, un tributo che ho chiamato “ThroughHerEyes – TimelessStrength”. È stato un viaggio straordinario in cui è emersa una visione di pura forza”. Ludmilla è quindi contemporaneamente figlia, moglie, madre, modella, lavoratrice, ed è assorta e distaccata, a volte triste e pensierosa, ma anche forte, sicura di sé e trionfante. È spirito indipendente, al centro della vita sociale e familiare, in dialogo con il suo io interiore e con il proprio spazio. Vadukul dimostra che la donna è un caleidoscopio infinito di prospettive e mondi diversi, un femminile infinito che non può essere semplificato in un’unica angolatura.

Il progetto artistico “ThroughHerEyes- TimelessStrength” nasce nel 2021, quando in occasione dello shooting per la Zero Collection di Roberto Cavalli, Vadukul incontrò Ludmilla, una delle modelle del cast. Max ne rimase folgorato: “Lei era diversa, davvero diversa. Aveva una storia ed un passato; una forza reale ed io ho iniziato a fotografarla più e più volte. Infatti, sentii di aver trovato qualcuno che può creare delle forti immagini Vadukul. Volevo creare un progetto di arte con lei”, afferma il fotografo. Simona Petrozzi, presidente di Terziario Donna Confcommercio Roma, spiega a sua volta che ha deciso di patrocinare questa mostra “anche per il positivo rapporto che mi lega alla top model Ludmila Voronkina con la quale condivido la passione per la lingua e letteratura russa, essendo io laureata in lingua russa ed essendo Ludmila metà russa e metà ucraina. Credo poi che questa mostra sia un forte messaggio di pace, vista la sua doppia cittadinanza”. “Come Terziario Donna Confcommercio Roma – aggiunge Petrozzi – patrociniamo sempre le iniziative che mettono al centro la donna nelle sue dimensioni caleidoscopiche e più colorate ed interessanti come donna, mamma, moglie, compagna, imprenditrice e lavoratrice. Gli scatti di Max Vadukul, uno dei fotografi contemporanei più famosi al mondo, è la bellezza di Ludmila incarnano al meglio questa ricchezza del femminile. La donna che lavora, produce, investe, lotta per raggiungere le dimensioni apicali che giustamente merita ma che non perde mai la propria dolcezza, la propria femminilità, il dono unico della maternità. Tutto ciò è in linea perfetta con il progetto #FuturoSicuro che come Terziario Donna Confcommercio Roma abbiamo recentemente lanciato e che propone politiche e strumenti urgenti e concreti per tutelare e valorizzare le donne nella loro dimensione familiare e professionale”.

Continua la lettura

Attualità

“Passioni in Fiera” un successo che cresce

Conclusa con grande successo la due giorni di eventi e di forti attrazioni nel Quartiere Fieristico aretino

Paolo Castiglia

Pubblicato

il

“Un viaggio nel tempo, con le testimonianze e gli oggetti del passato, e nel futuro con le innovazioni presenti in tutti i settori”. Per Ferrer Vannetti, presidente di Arezzo Fiere e Congressi la appena conclusa quarta edizione di “Passioni in Fiera” che ha catalizzato l’attenzione generale nello scorso weekend, è stata per le famiglie, gli operatori e i protagonisti che vi hanno preso parte “come entrare in una scatola delle meraviglie: ai visitatori che varcavano la soglia si apriva un caledoscopico universo fatto di colori, profumi, sapori, e soprattutto di persone che si dedicano con grande amore alle loro attività, e si impegnano per trasmettere la loro passione sal pubblico con un grande coinvolgimento”.

Si è trattato infatti di una due giorni di grandi passioni e divertimento per tutti, un altro fine settimana di grandi eventi di forti attrazioni al quartiere fieristico di Arezzo Fiere con oltre 13.000 presenze fra Passioni In Fiera e la mostra del Fumetto e del Disco. Visitatori aretini e non solo, erano molti quelli provenienti da un ampio bacino della Toscana, Umbria, Lazio e Marche.

Ma ovviamente, spiega ancora Vannetti, “Arezzo Fiere non si ferma qui: concluso questo week end con feedback positivi sia da parte degli espositori che dal pubblico intervenuto – spiega il presidente – Arezzo Fiere si concentra fin da subito sugli appuntamenti delle prossime settimane, tra cui quello con il Calcit del 22-23-24 marzo, per poi proiettarsi verso la 43esima edizione di OroArezzo, la nostra storica Fiera Internazionale dell’Oreficeria, organizzata da Italian Exhibition Group nei nostri rinnovati spazi espositivi dall’11 al 14 maggio prossimi.

Tornando a Passioni in Fiera, mai nome è stato scelto in modo più appropriato: si è vista tanta passione accendersi negli occhi del pubblico, adulti e bambini, grazie alle persone che ad Arezzo Fiere hanno portato e condiviso con generosità una parte importante della loro vita. Il bilancio è quindi molto positivo per gli organizzatori e per l’Ente Fieristico aretino, e non solo per i grandi numeri dell’afflusso di pubblico, ma anche perché erano rappresentate all’interno degli spazi fieristici davvero molte categorie: dalla floricoltura, al vivaismo, alla ceramica, all’artigianato artistico, ai prodotti e servizi per l’outdoor, per la casa e il giardino. Catalizzatore di interesse ed attenzione è stata sicuramente l’area dedicata alla Fattoria, con splendidi esemplari di avicoli ornamentali, alpaca, equini e bovini, da poter osservare da vicino e, con il permesso dell’allevatore, accarezzare.

L’intrattenimento per bambini ha visto continuativamente nei due giorni impegnato il parco avventura. Le altre attività, presentate nell’area sportiva, e proposte a tutti quelli che volevano cimentarsi, tra cui Il kartodromo, il pattinaggio, ballo e arti marziali orientali, sono state organizzate da Arezzo Fiere in collaborazione con la UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), Associazione di promozione sportiva che vuole affermare il valore sociale dello sport, bene sociale che contribuisce alla salute e alla qualità della vita. Importante è stata anche la presenza del terzo settore, che ha fatto conoscere al pubblico le loro attività sociali e di inclusione.

Ricca e variegata anche l’area Food, con proposte di cucine tipiche dall’Italia e dal mondo, e con l’offerta di birre artigianali che hanno permesso di aggiungere un momento di convivialità e piacere alle giornate trascorse in Fiera. Molto frequentato anche il nuovo padiglione “Nirvana”, un vero e proprio viaggio nel mondo olistico e del benessere con Expo di artigianato e bio, area relax, con trattamenti olistici e un percorso dedicato al mistero e alla magia. Durante l’evento si sono tenute anche conferenze gratuite, workshop e meditazioni per il sé interiore. Vivissima soddisfazione anche per gli organizzatori della Mostra del Fumetto che organizzano ad Arezzo, ormai stabilmente, due appuntamenti l’anno con davvero ottime risposta dagli operatori e dagli instancabili collezionisti.

Continua la lettura
Advertisement

Facebook

Tweets

Siti partner

I più letti