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Benessere

Ottobre di prevenzione

Cristina E. Cordsen

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Salute mentale nel mirino. Nuove terapie e attivazioni comportamentali

Anche quest’anno il mese di ottobre è stato dedicato alla prevenzione con diverse giornate a tema sulla salute mentale e un’attenzione particolare alle sindromi depressive. I dati nazionali ed internazionali sulle depressioni generali e i conseguenti stati d’ansia riportano cifre allarmanti. In Europa soffrono di depressione circa 40 milioni di cittadini, mentre in Italia sono circa 10 milioni coloro che lamentano, lungo l’arco della loro vita, disturbi depressivi e sofferenze causate dall’ansia.

Ne è coinvolto il 5% della popolazione adulta italiana, per un totale di 3 milioni di persone circa. Queste patologie non sembrano lasciare scampo a nessuno in questo tempo che misura tutto in velocità, reattività, interazione immediata e costanti sottoposizioni a valutazioni personali. Le nuove generazioni sono quelle più colpite con stanchezza e malumori frequenti. Di prassi, per curare la depressione, si fa ricorso alla terapia cognitivo comportamentale, ma secondo l’ultimo studio inglese in materia pubblicato sulla rivista Lancet, la depressione si potrebbe vincere modificando i comportamenti sbagliati che incidono sull’umore. La nuova terapia, denominata “attivazione comportamentale”, punta a cambiare gli atteggiamenti che possono influire sull’umore del paziente, riducendo l’inerzia, la passività e i comportamenti negativi messi in atto dallo stesso. Un trattamento più semplice, breve ed economico rispetto al precedente che secondo lo studio britannico non sminuirebbe assolutamente la terapia standard, avendo gli stessi benefici. A dimostrazione di quanto sostenuto, 440 soggetti con depressione sono stati divisi in due gruppi, 219 pazienti sono stati trattati con la terapia standard, mentre 221 sono stati sottoposti all’attivazione comportamentale. I due gruppi monitorati e valutati su un arco di 18 mesi, hanno dato gli stessi esiti, riducendo gli episodi depressivi e aumentando le possibilità di remissione dalla malattia.

La parola chiave di questo nuovo studio è “cambiamento”, modificare il modo di agire del paziente e sostituirlo con nuovi stimoli e azioni per fortificare l’umore. Molti ospedali all’avanguardia e centri specializzati hanno già messo in pratica questo nuovo tipo di cura, integrando le sessioni terapeutiche con momenti di meditazione ed introspezione spirituale. Queste pratiche comprendono l’uso giornaliero della preghiera o di riflessioni spirituali, a prescindere dal proprio credo ed i pazienti che hanno scelto di curarsi incrementando la propria introspezione con terapie meditative, hanno ottenuto risultati molto incoraggianti. Un graduale ma costante miglioramento psicofisico è stato il primo cambiamento evidenziato durante i controlli periodici. Alcuni pazienti si sono visibilmente ripresi dal loro torpore emotivo stagnante, trasformandolo in vigore ed empatia. Gli stati negativi sono andati sparendo, sostituiti da una rinnovata gioia di vivere e una maggiore concentrazione.

A molti di questi pazienti è sembrato più logico trattare un malessere dell’anima con un rimedio spirituale anziché materiale, e affidarsi ad una Fonte esterna a loro li ha ripagati con certezze inaspettate. Benché inizialmente scettici, tutti si sono definiti più leggeri e sollevati dopo le sessioni spirituali; hanno riacquistato fiducia, vedendo se stessi uscire da un lungo tunnel nel quale pensavano di essere imprigionati per sempre.

Da molti anni mi occupo dei contatti istituzionali e media per la Scienza Cristiana in Italia. Scrivo dei benefici che la spiritualità e l’introspezione come ricerca del sé, hanno sul nostro benessere. Mi interessa anche l’informazione sociale, data in modo giusto, etico e senza personalismi, perché sono convinta che ogni notizia possa e debba dare al lettore anche la speranza in un futuro migliore. Quando non sono in giro per eventi o congressi, vivo e lavoro a Roma.

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Ambiente

Canarie, Tenerife: destinazione ecosostenibile ma non solo

Riconoscimento Unesco che inserisce quello dell’arcipelago nell’elenco dei cieli più puliti al mondo

Gloria Gualandi

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Lunghe passeggiate lungo le spiagge di sabbia bianca: a Tenerife, infatti, c’è la famosissima area marina di Teno-Rasca che si estende tra la costa sud e l’isola di La Gomera. Per chi ama guardare delfini e balene è un posto tra i migliori al mondo, dove si può poi sorseggiare un Barraquito, bevanda tradizionale delle Isole Canarie, molto popolare a Tenerife: una miscela di caffè, latte condensato, liquore tipico, schiuma di latte, scorza di limone e cannella in polvere.

Silvia Donatiello, rappresentante dell’Ente del Turismo di Gran Canaria in Italia, ha recentemente spiegato che “Le Canarie e Tenerife sono una destinazione eco sostenibile e per il 46% il territorio riserva il miglior clima del mondo… con una media di 23-24 gradi tutto l’anno”. Come è noto Tenerife è l’isola più grande delle Canarie e nonostante siano geograficamente situate nell’Oceano Atlantico, vicino al Marocco e al Sahara Occidentale, le Isole Canarie appartengono alla Spagna.

Nel dicembre 2021 Gran Canaria ha sottoscritto il compromesso delle Nazioni Unite 2030 sulla sostenibilità proponendosi di ridurre del 40% le emissioni di CO2, entro il 2030. “Recentemente – spiega ancora Donatiello – abbiamo ricevuto un riconoscimento come una delle 15 destinazioni migliori in Europa, per il più alto numero di strutture certificate sempre dalla biosfera. Siamo anche una destinazione starlight, altro titolo dell’Unesco, per i cieli più puliti al mondo”. C’è una discussione infinita su quale parte dell’isola sia più bella, settentrione o meridione, ma sia il Sud che il Nord hanno i loro vantaggi. Comunque ovunque si riscontra un clima temperato molto stabile e spiagge perfette per nuotare e prendere il sole. Tenerife poi offre praticamente tutto: appunto piacevoli spiagge, montagne da vivere e cibi e bevande autentici, deliziosi paesaggi e anche una vibrante cultura e una piacevole vita notturna tipica di tutte le Canarie.

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Benessere

I migliori anticancro: corretto stile di vita, screening e cura

Settimana nazionale per la Prevenzione in Oncologia. Al centro dell’attenzione le fasce sociali più deboli e svantaggiate

Redazione Foritalynews

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“L’obiettivo è quello di contribuire alla diffusione di una cultura della prevenzione, basata anzitutto sui controlli medici periodici, anche via screening, da non relegare all’occasionalità bensì da ripetere con la giusta periodicità, così come promuovere buone e più salutari pratiche di vita: non fumare, evitare gli alcolici, alimentarsi in maniera adeguata e secondo la giusta stagionalità, difendersi dalla sedentarietà con una regolare attività motoria adatta al proprio status psicofisico, riposare meglio e a sufficienza”. E’ quanto emerso dalla relazione del presidente Andrea Barbieri in occasione del convegno: “Prevenzione Oncologica: corretti stili di vita, Screening e Cura” celebrato in occasione della Settimana nazionale per la Prevenzione Oncologica, tenutosi la scorsa settimana presso il Centro Chirurgico Toscano di Arezzo, su indicazione organizzative di Lilt Italia diretta dal prof. Francesco Schittulli.

Il convegno s’è aperto appunto con l’intervento del presidente della Lilt Arezzo Andrea Barbieri, al quale è seguito quello di S.E. Mons. Franco Agostinelli, Correttore Nazionale Misericordie d’Italia , che ha colto l’occasione per ribadire l’auspicio che la prevenzione venga portata a permeare tutti i livelli sociali, in special modo quelli dei cosiddetti “ultimi”. Poi l’intervento di Assunta De Luca, Direttore Sanitario Usl Toscana Sud Est. I lavori sono stati coordinati da Stefano Tenti, presidente del Comitato Scientifico Lilt di Arezzo e direttore sanitario del Centro Chirurgico Toscano. Tra i presenti anche Alessia Valducci, presidente di Valpharma Group, noto gruppo farmaceutico del centro Italia, oltre alla vicepresidente Lilt Arezzo Sabina Rossi.

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Benessere

Prevenzione fattore chiave per la salute delle donne

Aversa (Lugano): non sono ancora abbastanza le donne che si sottopongono di propria iniziativa ai vari screening per cancro

Gloria Gualandi

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Nonostante la prevenzione sia un fattore chiave per la salvaguardia della salute femminile, la maggior parte delle donne non si sottopone spontaneamente a screening per cancro, malattie cardiache, diabete o malattie o infezioni sessualmente trasmissibili. Lo sostengono diversi studi di ricerca internazionale in ambito sanità. Lo conferma Giuseppe Aversa, direttore amministrativo di Studio Ginecologico luganese per la parte che gli compete, puramente statistica e gestionale.

Per esperienze vissute, lo stesso Aversa ha potuto constatare come la diagnosi precoce della malattia “costituisca una differenza fondamentale nella durata della vita e nella qualità della vita delle donne”. Quando devono scegliere tra l’assistenza sanitaria per sé stesse e la ricerca di un bene non prioritario, o addirittura godersi una vacanza, è probabile che diano la priorità alla seconda. In Svizzera fortunatamente, a partire dai 50 anni di vita, per le donne, è previsto uno screening mammografico gratuito ogni due anni, cosa fondamentale per la prevenzione (solo per il seno). “Quindi i politici, nel settore della sanità e della spesa pubblica, devono considerare l’assistenza preventiva come parte di un insieme multidimensionale e reciprocamente dipendente di fattori che dovrebbero essere affrontati insieme”.

Aversa – che ha lavorato per società multinazionali in campi molto diversi, dal trading al Family Office e appunto al settore medico sanitario dove opera attualmente – conferma che i dati raccolti si basano sull’indagine di diverse dimensioni interconnesse. I criteri considerati sono in linea con gli indicatori globali di salute e benessere individuatati dall’OMS come parte degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. I dati dimostrano però evidentemente come le donne spesso sottovalutino, per condizioni economiche e sociali difficili, la loro salute incorrendo poi in possibili gravi problemi.

Come qualsiasi medico specialista in materia potrebbe confermare, nel loro insieme possono determinare fino all’80% delle variazioni nelle aspettative di vita delle donne stesse, miglioramenti in alcune o in tutte le dimensioni comportano infatti maggiore aspettativa di vita alla nascita.

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