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Società

Dal referendum del 2017 più autonomia per Veneto e Lombardia

Monica Splendori

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Riforme non rivoluzione, autonomia non separazione, leale collaborazione istituzionale

I referendum del 22 ottobre 2017 sull’autonomia di Veneto e Lombardia, richiesti allo Stato Italiano in attuazione dell’art. 116 dai due Presidenti Luca Zaia e Roberto Maroni delle rispettive Regioni, hanno avuto un consenso plebiscitario…

Riforme non rivoluzione, autonomia non separazione, leale collaborazione istituzionale

I referendum del 22 ottobre 2017 sull’autonomia di Veneto e Lombardia, richiesti allo Stato Italiano in attuazione dell’art. 116 dai due Presidenti Luca Zaia e Roberto Maroni delle rispettive Regioni, hanno avuto un consenso plebiscitario, con milioni di voti: i cittadini hanno votato, e di questi il 98% dei votanti ha detto sì, 2.5 milioni nel Veneto e 3 milioni in Lombardia.

Di che cosa parliamo esattamente, quando parliamo di referendum per l’autonomia delle Regioni Veneto e Lombardia? Autonomia che, per il Veneto, è addirittura sancita dalla Suprema Corte che ha accolto il ricorso della stessa regione, questo a dimostrazione che entrambi i referendum si esprimevano all’interno del quadro costituzionale. Di quake autonomia parliamo? Di un’autonomia come Trento e Bolzano come va affermando il presidente Luca Zaia? No perché il Trentino Alto Adige è già una regione a Statuto Speciale. Qua si parla di regioni a Statuto Ordinario. Parlando delle due Regioni con il più  alto residuo fiscale in Italia ( solo la Lombardia 54 miliardi) non meritano di avere un riconoscimento “speciale” a loro volta? La risposta è sì. Si tratta di un modello tutto nuovo, cucito su misura per la specificità di ogni singola Regione sulla base degli articoli 116 e 117 della Costituzione, avanguardia di quel regionalismo differenziato tratto dal regionalismo dell’Università di Padova.

Solo dieci mesi prima, il 4 dicembre del 2016, si era votato per un referendum costituzionale con l’allora governo Renzi (scelta obbligata, visto che la legge sulla riforma costituzionale non aveva raggiunto la maggioranza qualificata in Parlamento).

La riforma costituzionale Renzi-Boschi, sottoposta a quel referendum e bocciato dagli elettori, avrebbe modificato il riparto delle competenze legislative Stato/Regioni: il nuovo articolo 117, secondo comma, avrebbe riportato (ancora una volta) i poteri a livello centrale, riducendo il valore del principio di sussidiarietà e riducendo la concessa autonomia alle Regioni. Inoltre, sarebbe stata tolta la concorrenzialità lasciando la residuale, introducendo una clausola di supremazia dello Stato se lo avesse richiesto la tutela dell’unità giuridica economica. L’articolo 116 avrebbe ridisciplinato il regionalismo differenziato, lasciando invariati invece i poteri delle Regioni a statuto speciale ed autonome di Trento e Bolzano.

Oltremodo, i referendum di Lombardia e Veneto sono coincisi con il referendum in Catalogna, per alcuni versi utilizzato da correnti politiche opposte per far sembrare le due richieste sullo stesso piano, non considerando che le regioni Veneto e Lombardia chiedevano più autonomia rimanendo Regioni dello Stato e non indipendenza dallo Stato (creando così uno Stato nello Stato).

Tanto che, più volte, il governatore Luca Zaia si è ritrovato a dover sottolineare  all’elettorato che il referendum sull’autonomia veneta era ben diverso da quello catalano.

I due referendum, quello di Lombardia e Veneto, con la legittimazione delle urne hanno avuto la forza di aprire una nuova via nell’assetto istituzionale italiano, niente sarà più come prima .Oggi è un discorso tutto nuovo, prima volta nella storia della Repubblica, ed ha posto una questione istituzionale di grande rilievo. Il loro fine è stato quello di aprire una porta ai veri problemi che impediscono lo sviluppo del Paese, basti pensare alla recente, fallita, proposta di riforma costituzionale (la Renzi-Boschi) che, come specificato in precedenza, da un lato centralizzava indistintamente le competenze delle Regioni ordinarie, e dall’altro blindava le autonomie speciali.

Quindi, per concludere, i due referendum avrebbero dovuto far attuare l’articolo 116, terzo comma, che, oltre l’autonomia differenziata farebbe avviare un più ampio movimento legislativo diretto a recuperare il declino delle Regioni inefficienti.

Se i referendum di Lombardia e Veneto sono stati una lezione per la politica centrale, ne traiamo la considerazione che si può costruire anziché distruggere e che si può farlo nel pieno rispetto della Costituzione, con toni moderati senza salire sulle barricate: riforme non rivoluzione, autonomia non separazione, leale collaborazione istituzionale.

Perché ora, dopo qualche mese dal voto, non è lecito sognare? Il sogno potrà mai avverarsi? La risposta del sottosegretario agli Affari Generali, Gianclaudio Bressa, non è stata tra le più rassicuranti nel primo periodo, in particolare per quanto riguarda l’autonomia del Veneto. Bressa, al contrario di Gentiloni, aveva ribadito a Luca Zaia che difficilmente sarebbe riuscito ad ottenere le 23 competenze. E invece sul tavolo istituzionale la questione si è aperta, si è trattato sulle prime competenze da delegare e si è raggiunto un accordo tra le Regioni interessate e lo Stato, competenze con risorse per poterle gestire.

Tale accordo é stato firmato ufficialmente a Palazzo Chigi nel mese di febbraio 2018 , dai presidenti Roberto Maroni per la Lombardia, Luca Zaia per il Veneto e Stefano Bonaccini per L’Emilia Romagna. Subito dopo queste regioni, che hanno di fatto aperto la questione dell’autonomia, si sono aggiunte Piemonte, Puglia, Campania e Liguria aprendo tavoli di trattativa con lo stato centrale. Ora la decisione spetta al Parlamento sperando, visto i tempi del nostro Paese a livello nazionale, che siano tempi brevi. La forza della democrazia, la forza del voto non si potranno più fermare, la via è aperta.

In una terra straniera, la storia della vita le segnò il cuore di donna bambina, e volle scrivere per lui. In questo modo ha potuto, voluto raccontare, per far sentire a chi fosse disposto ad ascoltare, quello che aveva vissuto, visto, fatto, assieme ad altri uomini donne, attraverso la sua voce. Monica Splendori è nata a Bussolengo (Verona) il 22/giugno/1964, laureata magistrale in scienze delle professioni sanitarie della riabilitazione e in scienze dei servizi giuridici a Verona

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Società

Saldi estivi 2024: sono già arrivati e saranno due mesi di acquisti

Prevale la scelta abbigliamento nel segno della sostenibilità

Gloria Gualandi

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Come da tradizione i saldi estivi 2024 sono iniziati il primo sabato del mese di luglio. Quindi è iniziata ufficialmente la piccola battaglia per le offerte della calza stagione che anticipano le vacanze italiane.

Lo shopping coinvolgerà sicuramente le tendenze moda che abbiamo trattato, moda e beauty, ma i saldi ranno l’occasione per guardarsi attorno e trovare qualcosa che si può utilizzare anche la prossima stagione (magari un blazer firmato o un profumo scontato). Dureranno per circa 60 giorni. Ma cosa comprare ai saldi estivi 2024? Come dichiarato da Confcommercio sui consumi e saldi estivi “oltre il 70% indica tra le preferenze l’abbigliamento, le calzature e gli accessori”, seconda preferenza solo alla ristorazione che rimane al primo posto come investimento estivo proprio in occasione delle vacanze.

Nel mare magnum di proposte, vince il ‘compra ora e indossi sempre’, ovvero l’investimento furbo. Si tratta di un investimento sicuro: un refresh del tuo personale capsule wardrobe o la sua creazione proprio in occasione dei saldi estivi. Si tratta di capi e accessori basici, su sui puoi costruire numerosi abbinamenti. Tra i must have moda suggeriamo una camicia maschile un po’ over – bianca è un grande classico, ma a righe può essere una valida opzione -, un paio di jeans con il modello comfort, che ti fa sentire bene, un paio di pantaloni sartoriali e un paio di mules chiuse davanti .

Una perfetta alternativa alle più classiche décolleté. Sempre attenta alla sostenibilità, nonché a ciò che si può comprare ora e indossare per sempre.

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Attualità

Creare poesia per promuovere la salute mentale: un progetto della ASL Roma 1

“Think poetic” è un progetto nato durante il primo lockdown del 2020 per non lasciare da soli i pazienti del centro di salute mentale del distretto 13 ASL Roma 1, oggi un laboratorio di poesia aperto anche al pubblico

Marco Matteoli

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“Il nostro obiettivo è promuovere la salute mentale nella comunità attraverso la poesia”. Con queste parole il Dott. Andrea Solfanelli, medico psichiatra e promotore del progetto, descrive “think poetic”, nato nel 2020 per andare incontro ai pazienti del CSM del distretto 13 della ASL Roma 1, rimasti chiusi in casa per il lockdown, o impossibilitati per altro motivo a recarsi fisicamente al centro di salute mentale.

Il progetto è iniziato con la condivisione di poesie autoprodotte attraverso una chat, e successivamente si è esteso, mediante appuntamento mensile, generalmente l’ultimo martedì del mese, nella biblioteca “Casa del Parco” su via Pineta Sacchetti, dove il dott. Solfanelli e la dott.ssa Isabella Cavicchia, infermiera e scrittrice, coordinano questa attività di gruppo, esortando, non solo gli utenti del CSM, ma anche la popolazione del municipio, a scrivere e condividere testi poetici e aprirsi al gruppo senza timore di giudizio. Una volta esposta la composizione, gli altri membri del gruppo possono commentare il brano o semplicemente esporre il proprio, questo permette di creare un flusso poetico che si autoalimenta con il contributo di tutti i membri.

Un progetto semplice e “sovversivo”, che scaturisce dall’esigenza di combattere l’isolamento imposto dal primo lockdown, e dal senso di alienazione vissuto dal 2020 in poi, in uno spazio in cui incontrarsi davvero e superare la solitudine. Si utilizzano le composizioni poetiche per lasciare fluire il proprio inconscio e superare i limiti imposti dalle parole di utilizzo comune; il risultato è trovare poesia anche in ciò che non ci si aspetta, anche nella verbalizzazione di malesseri interiori attraverso metafore, allegorie, iperboli, personificazioni o in qualunque altro tipo di figura retorica in grado di esprimere il non verbalizzabile.

Nel gruppo il flusso poetico è libero e mutevole, e ogni membro che mano a mano si aggiunge porta nuovi spunti, che siano storie, ricordi, aneddoti, sogni, si può parlare di se stessi oppure degli altri, al fine di incoraggiare il pensiero poetico, uno strumento in più a sostegno della salute mentale.

Per informazioni è possibile contattare il tel. 06/45460671 oppure la biblioteca casa del parco.

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Attualità

A Solferino la fiaccolata dei 160 anni della Croce Rossa Italiana

Come ogni anno, la città di Solferino ha ospitato la fiaccolata dei volontari della Croce Rossa Italiana, quest’anno ad accendere la prima fiaccola è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Marco Matteoli

Pubblicato

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Nel silenzio della notte si odono gemiti, sospiri soffocati pieni di angoscia e di sofferenza e voci strazianti che implorano soccorso. chi potrà mai dire le agonie di quella notte spaventosa! […] Non sarebbe opportuno, durante un periodo di pace e di tranquillità, costituire delle società di soccorso, il cui scopo fosse quello di provvedere alla cura dei feriti, in tempo di guerra, per mezzo di volontari solerti, disinteressati e ben qualificati per tale compito?” Con queste parole Jean Henry Dunant, raccontava della battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno 1859, nel pieno della II guerra di indipendenza italiana, all’interno del suo libro intitolato “un ricordo di Solferino”, pubblicato alla fine del 1862.

È proprio nel ricordo dei campi di battaglia, tra urla strazianti e i miasmi della belligerante disumanità che nacque l’idea di un’associazione di volontari, che con carattere di neutralità ed imparzialità potesse essere in grado di soccorrere i feriti sul campo di battaglia, da questa idea nacque, il 15 giugno 1864, a Milano, la Croce Rossa Italiana. Nella 1° Conferenza diplomatica di Ginevra (8-22 agosto 1864), venne poi sancita la neutralità delle strutture e del personale sanitario.

Ancora oggi dopo 160 anni i volontari della Croce Rossa si impegnano, in virtù dei sette principi fondanti, a sostenere i vulnerabili sia in ambito militare che in ambito civile. “Voglio ringraziarla per la sua opera quotidiana nel mettere al centro dell’agenda Internazionale la sua preoccupazione, che è anche la nostra, per i conflitti armati in corso e per la tragedia umanitaria a cui assistiamo” ha detto il presidente della Croce Rossa Italiana Rosario Valastro rivolgendosi al capo dello Stato Sergio Mattarella, che nel pomeriggio del 22 giugno ha dato di persona il via alla fiaccolata a Piazza Castello, Solferino, per onorare i 160 anni della Croce Rossa Italiana.

Nel frattempo, nella stessa giornata del 22 giugno, l’ufficio del Comitato Internazionale della Croce Rossa a Gaza è stato colpito da proiettili di grosso calibro in seguito a un bombardamento, il quale ha ucciso 25 persone e ne ha ferite almeno 50 , un evento che colpisce allo stomaco i principi stessi di questa associazione, è il caso di dire che “l’umanità si è fermata a Solferino.”

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