Cultura
I libri, i giovani e l’era del web

Obrist e il suo progetto: rendere più “umanistici” Instagram e Twitter
L’importanza della lettura e scrittura di testi da parte dei giovani, e non, in era internet considerando che sono nati negli anni in cui il web è un sistema di comunicazione di massa, quanto la televisione e il computer, rispetto ai quotidiani…
Obrist e il suo progetto: rendere più “umanistici” Instagram e Twitter
L’importanza della lettura e scrittura di testi da parte dei giovani, e non, in era internet considerando che sono nati negli anni in cui il web è un sistema di comunicazione di massa, quanto la televisione e il computer, rispetto ai quotidiani. E accettando che questo tipo di comunicazione è essenziale per poter convivere nella attuale realtà mondiale con l’utilizzo di internet presente nelle scuole inferiori e superiori. Riguardo a questo argomento ancora nel settembre del 2009, sul «Guardian» Umberto Eco, ha pubblicato un articolo dal tono apparentemente conservatore. Il semiologo si diceva inquietato dinanzi a uno scenario dove più della metà dei ragazzi italiani commette errori ortografici e mostra gravi «problemi con la grafia».
Un’autentica tragedia che è cominciata molto prima dell’avvento del computer e del cellulare. L’inizio della decadenza risale addirittura alla scoperta della penna a sfera. «La gente non aveva più interesse a scrivere in quanto, con questo prodotto, la scrittura non ha anima, stile e personalità», osservava Eco: «La mia generazione ha imparato a scrivere a forza di ricopiare in bella grafia le lettere dell’alfabeto.
Può sembrare un esercizio ottuso e repressivo, ma ci ha insegnato a tenere i polsi fermi sulle nostre scrivanie, sui nostri computer portatili ». È una sorta di minima ginnastica fisica e mentale, che era stata già elogiata da Nabokov: «Quel che si scrive con fatica, si legge con facilità». Una riflessione nostalgica. Proposta però non da un anti-moderno, ma da uno tra i primi studiosi italiani che ha colto l’importanza dei media. Come si spiega questo ripensamento? Non siamo affatto di fronte a un apologo del pennino e del calamaio.
Piuttosto, secondo Eco, proprio in un’epoca come la nostra, segnata dalle mitologie della rapidità e del dinamismo, si avverte con maggiore forza il desiderio di ritornare a valori come rigore, disciplina, serietà, lentezza. Sono virtù che confluiscono nella scrittura a mano. Che «insegna a controllare le nostre dita e incoraggia la coordinazione occhio-mano». Del resto, conclude Eco, «le persone non viaggiano più a Cavallo, ma molti vanno a scuola di equitazione».
«Esistono strade e ferrovie, ma le persone si godono a piedi i valichi alpini». Da qui è partito nel 2012 l’indomabile Hans-Ulrich Obrist, per dar vita a un affascinante progetto. Sorretto da un talento istintivamente intermediale, impegnato a portarsi al di là delle barriere che separano codici e linguaggi, il co-direttore della Serpentine Gallery di Londra. I neoamanuensi hanno donato materiali eterogenei: appunti privati, aforismi, giudizi, meditazioni, confessioni, dichiarazioni, pagine di diario. È qui la filosofia di Obrist.
La sua ambizione: rendere più “umanistici” Instagram e Twitter e, insieme, contaminare il gesto della scrittura a mano. In lui, vi è il desiderio di saldare due culture: una antichissima e una ultramoderna. Egli punta ad accostare manualità e informatica, controllo artigianale e immediatezza comunicativa, la dimensione «chiusa» della pagina bianca e l’assenza di confini del web. L’obiettivo è quello di mediare tra territori distanti. Non limitarsi ad accettare la tecnologia come ineluttabile fatalità, né soccombere alle sue derive, ma neanche rifiutarla nell’ottica di un neoluddismo.
Piuttosto, Obrist la accoglie come una straordinaria opportunità, suggerendo un cortocircuito tra momenti poco contigui. La scrittura, intesa come esperienza originaria: «Scrivo per farmi strumento di qualcosa che è certamente più grande di me e che è il modo in cui gli uomini guardano, giudicano, commentano, esprimono il mondo: farlo passare attraverso di me e rimetterlo in circolazione attraverso la lettura» (Italo Calvino). E’ la rete, nella quale, come ha sottolineato Baricco, il Senso non è più legato a un «ideale di permanenza, solida e compiuta», ma si dissemina in una «forma che è piuttosto movimento, struttura lunga, viaggio», tessitura di diversi saperi in una visione plurima, sfaccettata.
Con il suo nuovo progetto, Obrist tocca un tema centrale della cultura attuale. Che, contrariamente a quanto spesso si sostiene, non si offre (solo) come una civiltà dell’immagine, ma come un impero dominato da costanti e impreviste riprese del rito della scrittura (anche se non a mano). Viviamo, infatti, in una sorta di «mondo. doc», plasmato dalla vertiginosa tendenza a produrre documenti, affidati alle mail, a Facebook, a Twitter, a Instagram. Si tratta di «atti iscritti».
Testi redatti, registrati, inoltrati a un pubblico esteso e spesso invisibile, destinati a essere commentati a oltranza. Possiamo concludere che è più che mai importante la lettura di testi di letteratura e storia, per ricordare le proprie origini, e saperle scrivere, e soprattutto per entrare in un mondo di comunicazione di massa, non come viaggiatore sprovveduto, ma soggetto che ha un’identità.

La risurrezione di Cristo e la risurrezione finale è il titolo della 2ª edizione del Corso di aggiornamento in Teologia promosso, dal 19 al 21 settembre 2023 (ore 15 – 18.30, Aula Magna Giovanni Paolo II), dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce in collaborazione con la Facoltà di Teologia dell’Università di Navarra (Spagna). Il corso è ideato principalmente per offrire a ex-studenti e docenti di Teologia strumenti e argomenti per approfondire la fede cristiana nella risurrezione.
Le sessioni, guidate da teologi esperti, saranno accompagnate da presentazioni interdisciplinari che mirano ad ampliare le tematiche trattate. “L’annuncio della risurrezione di Gesù ha dato origine alla fede cristiana nella risurrezione dei morti e alla speranza di un futuro di riconciliazione e di pace per l’umanità. Questo messaggio si inserisce oggi in un mondo caratterizzato dalla complessità e dalla pluralità delle esperienze”, spiegano gli organizzatori. “Alcuni, convinti della “finitezza”dell’essere umano, ritengono che la morte rappresenti la conclusione definitiva della vita umana e considerano l’idea di risurrezione un’illusione, un modo di sfuggire alla realtà. Altri invece nutrono la speranza di una liberazione dal male che minaccia la nostra storia e credono che l’amore che hanno espresso e incontrato nella vita non svanirà per sempre”.
I relatori della prima giornata saranno Eusebio González (Teologia Biblica), Paul O’Callaghan (Antropologia Teologica), María Ángeles Vitoria (Filosofia della natura e della scienza) e Juan Rego (Teologia Liturgico Fondamentale) La seconda giornata del corso vedrà gli interventi di Marco Vanzini, (Teologia Fondamentale), di Antonio Ducay (Cristologia), di Elena Colombetti (Etica Applicata) e di Rafael Martinez (Filosofia della natura e della scienza). Chiuderanno la terza giornata Andrea Villafiorita (Direttore dell’ISSR ligure), Santiago Sanz (Antropologia Teologica) e Sergio Tapia (Public speaking).

Attualità
“Frost killed the lemon tree” natura che lotta e diventa performance
Arriva ad Arezzo sabato 9 settembre l’evento artistico del duo Donlon già presentato a Londra lo scorso anno

L’arte contemporanea è fatta sempre più spesso di performance. E Sottofondo Studio ha deciso di portare ad Arezzo e presentare la performance FROST KILLED THE LEMON TREE del duo artistico DONLON che si terrà il 9 settembre alle ore 18:30 nel Laboratorio-galleria di via Garibaldi 136.
Si tratta dell’ultimo appuntamento della programmazione “Lo studio ospita”, coordinata come sempre da Elena Castiglia, Jacopo Naccarato e Bernardo Tirabosco. FROST KILLED THE LEMON TREE è una performance già presentata a Londra nel 2022 si rimodella sullo spazio e il pubblico di Sottofondo.
La performance racconta una storia di disastri che fa eco ad eventi di cronaca sempre più frequenti. Nel 2021, duecento alberi di limoni morirono per cause misteriose nella pianura siciliana dell’Etna. Il colpevole non è mai stato trovato, ma trovarlo non è l’obiettivo di questa storia. In questo luogo di lutto si incontrano dinamiche che si muovono da scale umane a scale molecolari, atomiche, atmosferiche e meteorologiche. Cambiamenti climatici, siccità e poi gelo, componenti chimici e batteri letali si sovrappongono, emergono e scompaiono, si confondono e si perdono. Se le tematiche e le conseguenze legate all’Antropocene sono ormai centrali nella discussione contemporanea, i due artisti ritagliano tra queste uno spazio per la cura attraverso l’ingrandimento e l’estensione di un gesto semplice.
FROST KILLED THE LEMON TREE invita ad ascoltare, guardare ed assaggiare. Francesca Beltrame e Fabio Cervi iniziano a collaborare nel 2021 dopo essersi incontrati alRoyal College of Art di Londra durante gli studi in architettura. Il loro lavoro caratterizzato da interventi performativi che mirano all’immersività, si struttura su più discipline cercando di andare oltre il solo visivo.
Per partecipare alla performance è necessario prenotarsi scrivendo a infosottofondostudio@gmail.com o sui canali social di Sottofondo studio. Lo spazio rimarrà aperto fino alle 21.
FROST KILLED THE LEMON TREE è l’ultimo evento del progetto “Lo studio ospita” nato nel 2021 e curato fin dall’inizio appunto da Elena Castiglia, Jacopo Naccarato e Bernardo Tirabosco. Sottofondo studio sede della programmazione torna alla suo originaria funzione di studio che fa riferimento a Bernardo Tirabosco. L’archivio delle mostre rimane consultabile sul sito www.sottofondostudio.com. Gli organizzatori ringraziano tutti coloro che hanno sostenuto il progetto fin dalle origini: Andrea Severi, Riccardo Leprai, Niccolò Oliva, Riccardo Castiglia, Giulia Cenci e chi ha partecipato con la propria ricerca artistica/curatoriale come Lorenzo Ermini, Giulia Cacciuttolo, Federica Fiumelli, Alice Paltrinieri, Roberto Casti, Ilaria Leonetti, Max Mondini, Lorenzo Montinaro, Nicola Ghirardelli, Perla Sardella, Benedetta Giampaoli, Luca Ceccherini. Un ringraziamento speciale va a tutte le persone che hanno partecipato agli eventi in questi anni e al club service Inner Wheel per aver sostenuto l’avvio del progetto.
Cultura
“Il volto e l’anima nelle sculture di Ernesto Lamagna”. Presentato a Noto (Sicilia) il libro della scrittrice Maria Pia Cappello
Lo scorso 25 agosto, nel Convitto delle Arti Museum di Noto, è stato presentato il libro di Maria Pia Cappello alla presenza del Sindaco, il Prof. Corrado Figura.

Quasi un classico, tradotto anche in inglese con il titolo The Face and the Soul in the Sculptures of Ernesto Lamagna, e presente neldatabase del MoMa di New York e nel Museo AGO di Toronto. Parliamo del libro della scrittrice Maria Pia Cappello, Il volto e l’anima nelle sculture di Ernesto Lamagna, presentato nella splendida cornice del Convitto delle Arti Museum di Noto, alla presenza del Sindaco, Prof. Corrado Figura, il Giornalista Dott. Vincenzo Rosana, l’Assessore Dott. Massimo Prado, la moderatrice Dott.ssa Stefania Cacciani e l’imprenditore Carmelo Alì.

Ed è stato proprio il primo cittadino, nel suo intervento a riconoscere che, leggendo il libro, ha ammirato le opere del maestro Lavagna e ha percepito importanti messaggi universali mediante le descrizioni e le analisi della scrittrice.

La moderatrice dell’evento, Dott.ssa Stefania Cacciani, dal canto suo, si è complimentata con la scrittrice perché nei suoi numerosi libri è riuscita a captare le emozioni e i pensieri che portano l’artista a creare opere maestose. “Ad esempio, in questo libro è riuscita a scorgere l’anima dell’artista, a scoprire la sua essenza e il suo pensiero”.

La scrittrice Prof.ssa Maria Pia Cappello, nel suo intervento ha sottolineato che “nelle opere del Maestro Ernesto Lamagna sono evidenti sia il Barocco che l’Espressionismo poiché si percepiscono la teatralità, il gusto di sorprendere, la meraviglia e la tensione dell’anima verso l’esterno, quella tensione emotiva che si riversa nelle opere d’arte”. Infatti, “le sue sculture possono essere definite diari dell’anima”. Da questa analisi, il titolo del libro “perché il maestro mette a nudo le emozioni oltre le apparenze, cioè il dramma, la solitudine, la caducità della vita terrena che è così transitoria. Infatti, sulle sue sculture si notano solchi, graffi, screpolature, squarci, ferite e cicatrici. I volti trasmettono ansia e dolore, forse smarrimento negli innumerevoli itinerari della vita. Le figure hanno gli arti allungati e cercano aiuto, comprensione, solidarietà, pace e salvezza. Il Maestro è lo scultore dei sentimenti, anche quelli più dolorosi”.

Una descrizione pienamente condivisa dal giornalista Dott. Vincenzo Rosana, per il quale “non si sa da dove cominciare: se lasciarsi rapire dalle meravigliose opere di Ernesto Lamagna o rimanere incantati, quasi a bocca aperta, dalle magiche descrizioni e dalle puntuali narrazioni di Maria Pia Cappello”.
Per il giornalista, Maria Pia Cappello in Il Volto e l’Anima nelle sculture di Ernesto Lamagna “sviluppa il concetto legato al modernismo di Lamagna che è universalmente riconosciuto come lo scultore degli Angeli, accademico pontificio dei virtuosi al Pantheon, iniziatore e caposcuola del Nuovo Barocco. Infiammare l’immaginazione con l’immaginazione è il segreto dell’artista. Partendo proprio dal linguaggio, Lamagna nelle sue opere è alla continua ricerca della verità. E non solo: le sue opere palesano la ricerca della felicità. Un sogno da realizzare. Ed ecco gli Angeli: sguardi perplessi che si incontrano, si rincorrono, che alzano le mani verso il cielo, in segno di resa, di protesta, di gloria. L’artista, proprio per la citata definizione che rifà il mondo per proprio conto, sceglie i suoi angeli, individua e intercetta le emozioni che affida a loro, che sono anche ribelli, al servizio dell’uomo nel suo percorso terreno”.

Rosana sottolinea anche che Il Volto e l’Anima nelle sculture di Ernesto Lamagna “unisce due mondi: lontani nel linguaggio, anzi per esattezza non lontani ma distinti, due mondi vicini, molto vicini, nella realtà. In entrambe le forme – scultura e narrazione – c’è musicalità. Entrambe – ha continuato Rosana – giocano con metafore e analogie scultura e narrazione che a tratti si fa poesia, due mondi solo in apparenza distanti seppure alla costante ricerca di una via per interpretare la realtà”. Per il giornalista, “Ernesto e Maria Pia usano solo in apparenza linguaggi diversi e distanti, nella realtà l’accostamento si realizza. Scultura e poetica, arte e parola”. Nella prima “c’è materia, c’è plasticità, c’è forma. Nella seconda c’è la musicalità delle parole, la capacità di esprimere con la parola idee, emozioni, fantasie, sentimenti. Simonide di Ceo già nel 500 a.C. affermava il rapporto Pittura/Poesia ‘La pittura è una poesia muta, e la poesia una pittura parlante’. Ma mentre scultura e pittura da sempre hanno coltivato l’idea di essere linguaggi universali, poesia e narrazione, a causa del limite linguistico, sono rimaste prigioniere delle singole esperienze culturali nazionali. Questo accade perché l’umanità non ha un’unica lingua, una lingua universale e qualunque poesia o narrazione tradotta diventa un’altra opera. In questa opera scultura e poetica camminano insieme e spesso si fondono”.

Il Maestro Lavagna ha opere in Canada (sulla copertina del libro il volto dell’Arcangelo Michele, porta bronzea nella Chiesa “Our Lady of Sorrows” di Toronto nella quale è stato presentato il libro), Stati Uniti, Australia, ecc. Tra le numerose opere, si ricordano L’Angelo della Luce nella Basilica Santa Maria degli Angeli e l’Angelo di Betzada nell’ospedale Sant’Andrea, Roma.
Come ha ricordato Stefania Cacciani, Maria Pia Cappello ha presentato i suoi libri in Italia e all’estero, in particolar modo in Campidoglio a Roma, in Senato, a Montecitorio, e al Quirinale. Ha presentato i libri anche all’estero, Canada, Stati Uniti e Inghilterra. Si ricordano i libri scritti sulle opere di JAGO, Roberto Gabrieli, Alejandro Marmo artista del Papa, Mark Kostabi, Giuseppe Faraone, un romanzo “Amore e Pace” dedicato alla sorella Antonietta e un libro di poesie.
Lo stesso Lamagna, durante la presentazione del libro, è intervenuto telefonicamente da Roma ricevendo anche il saluto dell’imprenditore Carmelo Alì, promotore dell’evento.
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